Posso anche essere spinta da sogni quasi impossibili, ma l’etica che mi spinge più in alto e mi commuove ancora più del raggiungimento delle stelle è impegnarsi per arrivarci.
– Diana Nyad
Ho appena finito di leggere il libro di Diana Nyad per ROI edizioni e sono rimasta profondamente colpita. Non solo per l’impresa straordinaria della sua traversata a nuoto da Cuba alla Florida, ma per la capacità di trasformare quel viaggio in una narrazione che parla a ciascuno di noi.
Nyad racconta il mare come una sfida, un compagno e un maestro. È l’oceano che decide se concederti il passaggio o respingerti, e per affrontarlo non basta la forza fisica: servono conoscenza scientifica, lucidità e una profonda connessione interiore.
Leggendola, mi è sembrato di ritrovare un pezzo del mio stesso oceano. I miei quindici anni a bordo di una barca nell’Oceano Indiano hanno scandito la mia vita con il ritmo delle onde, delle maree e degli animali marini. Un ritmo che mi ha trasformata, che mi ha insegnato responsabilità e gratitudine. So che, senza quel viaggio, oggi sarei una persona molto diversa.
Come Nyad, non mi concedo allo sconforto del fallimento per più di una giornata. Perché non vale la pena sprecare tempo prezioso di vita. Piuttosto è meglio cercare di dare un senso a ciò che è stato e capire cosa non ripetere.
Resto demoralizzata per ventiquattro ore dopo l’ultima debole bracciata. Ma allo scadere delle trenta ore, ritrovo la forza dentro di me.
– Diana Nyad
E ho compreso che conta più il viaggio della destinazione, e che le persone che ti accompagnano – anche solo per un tratto, anche se non ci sono più – restano parte di ciò che diventi. Per entrambe il mare è stato un luogo doppio: razionale e scientifico, ma anche spirituale e misterioso. Io studiavo correnti e conformazioni per garantire sicurezza ai subacquei e portare avanti la mia impresa; lei per raggiungere l’altra riva. Ma in realtà, il mare ci parlava di altro: di coraggio, di sogni, di vita piena.
Il messaggio che ho tratto dal suo libro, e che sento profondamente mio, è che non esiste un’età giusta per inseguire ciò che davvero conta. Possiamo cominciare un nuovo progetto a quarant’anni, a sessanta o a settanta, se quel progetto nasce da un desiderio autentico e nutre le parti più profonde di noi.
E il mare ce lo ricorda ogni giorno: le onde non si fermano, continuano a spingersi a riva, anche quando sembrano tornare indietro. Così dovremmo fare noi: non lasciarci vincere dal passato, non smettere di crederci anche quando la riva sembra lontana e irraggiungibile.
Perché l’importante non è solo arrivare, ma non smettere di sperare, di tentare, di vivere. Finché c’è vita, c’è ancora mare davanti a noi.
So che
non
mi credete
ma
canta,
canta il sale…
in esso assaporiamo l’infinito