Un viaggio in Olanda
Il caso vuole che il viaggio sia accompagnato da una candida luna piena. La guardo attraverso il vetro spesso e opaco dell’aereo e mi sembra quasi irreale, come se fosse solo dentro la mia testa. Cosa non così impossibile, d’altra parte. Sotto di lei c’è un mare di nuvole bianco, impalpabile che rimanda riflessi argentei. Mi sembra quasi di sentire il profumo dello zucchero filato, quello delle feste di paese quando ero bambina e che mangiavo guardando le giostre girare, piene di luci e di colori e di gridolini di bambini gioiosi. Sonnecchio, penso, rifletto, mi rinchiudo totalmente dentro di me per godermi quello spettacolo come se fossi sola. Poi si fa notte cupa ed il nero avvolge tutto… e in un attimo siamo ad Eindhoven, in Olanda.
Certo quando penso alla parola “Olanda”, nella mia testa si forma immediatamente l’immagine di una ragazza bionda e paffuta con una cuffia bianca con due punte laterali all’insù, mulini a vento, tulipani. Stereotipi costruiti dai cartoni animati che guardavo da bambina.
Siamo arrivati con l’autobus ad Amsterdam, ormai è notte inoltrata, ma la citta sembra non dormire, non avere tregua. Una moltitudine di persone va e viene, luci e rumori riempiono tutto.
La mattina dopo piove. Una pioggerella leggera che penetra nella pelle, pur non riuscendo a bagnarti del tutto. Il cielo è dominato dai grigi sfumati che rendono tutto un po’ irreale. I palazzi costruiti in mattoncini rossi o neri bordano i canali e pendono a volte su lato, altre alte sull’altro lato come se, al tuo incedere si piegassero un po’ per vederti meglio, stupiti della tua diversità, o forse per essere loro visti meglio e stimolare la tua curiosità. Poi ti giri e ti rendi conto che non si sono inchinati a te, ma che la loro condizione è quella, non l’hanno scelta ma ci si trovano bene. Ci si trovano proprio bene. Certo ci vorrebbe un attimo ad immaginare di veder passare qui una certa aristocrazia, mercanti o politici d’altri tempi, però non ci sono e al loro posto nelle stradine troviamo, per davvero questa volta, tiepide signorine in lingerie alla finestra e turisti sdraiati sui cuscinoni per aprire le vie della mente con il fumo. Città di contrasti, certamente, ma credo piuttosto che ci sia qui la profonda consapevolezza che qualunque cosa può diventare un business.
I canali, piccoli e grandi mi affascinano. Sono come “coronati” da centinaia di biciclette nere, poi come all’improvviso ne spunta una rossa. Sui lati ci sono grandi alberi e sotto di loro qualche timido narciso giallo. L’effetto pittorico con lo sfondo del cielo grigio e quanto mai attraente e passo le ore a fotografarli da tutte le angolature.
Certo siamo ad Amsterdam, e non possiamo non fare i turisti, quindi van Gogh, Palazzo Reale, chiese, ecc, ecc…
Le prime opere di Van Gogh dipinte ad Amsterdam mostrano una terra grigia e una vita dura, quella dei contadini. Eppure quando pensi agli olandesi, alla loro tenacia nel recuperare ed ottenere terra dal mare. Ah per inciso la terra d’Olanda, i Paesi Bassi, è per la maggioranza sotto il livello del mare. Già dal medioevo gli olandesi costruivano dighe e canali per drenare le terre dall’acqua e poterci coltivare. Le tecniche ed i mezzi per battere il mare diventavano via via più sofisticati ed ingegnosi. I primi prosciugamenti totali della terra risalgono al XXII secolo e nel XVII secolo venne perfezionata con l’introduzione dei mulini a vento che pompavano via l’acqua dai polder di continuo. E si! Perché è non solo necessario drenare l’acqua dalla terra in prima battuta, è necessario continuare a farlo per sempre, sennò il mare si riprenderà il suo spazio rubato dall’uomo. Ovviamente una terra che è stata sott’acqua non è facilmente coltivabile, ma anche questo non poteva fermare gli olandesi. Almeno per cinque anni dopo che il polder è stato ottenuto, su di esso pascolano gli animali da fattoria che con il loro letame fertilizzano e consolidano il terreno ed ecco il gioco è fatto. L’uomo è davvero incredibile. Ai posteri decidere se in bene o in male…
Spinti dai colori di Van Gogh non potevamo non aver voglia di vedere la campagna ed i fiori che hanno reso famoso questo paese: i tulipani. Il tempo è poco, la scelta obbligata: si va al Keukenhof, il giardino di bulbose più importante d’Europa. Veniamo subito informati che la fioritura è solo all’inizio quindi non vedremo quegl’immensi campi di tulipani delle foto, ma decidiamo che ne vale la pena lo stesso. Ed è così!
Il parco era stato creato per essere una show room delle bulbose prodotte ed esportate cosicché i compratori provenienti da tutto il mondo potessero sceglierle e poi ordinarle. Che dicevamo prima del business?
Oggi il Keukenhof è un meraviglioso giardino primaverile, aperto da metà marzo a fine aprile, epoca della fioritura di milioni e milioni di bulbi di crocus, narcisi, tulipani, agli, e altri…
Arrivati al parco, dopo l’iniziale ingresso alla Disney, non è possibile non perdersi nei vialetti più nascosti, dove la massa non si ferma e dove i ruscelletti sono circondati dai primi timidi tulipani che sbocciano o da prati di crocus. Van Gogh avrebbe detto “non ci si dovrebbe stupire del lavoro di un pittore ma per i colori della natura”. Ed è pensando alle sue parole che mi siedo su un prato a bocca aperta davanti a tanta bellezza.
Il vento riprende a soffiare come a ricordare che ogni cosa è breve ed effimera, anche quella più intensa. Bisogna imparare a catturare le emozioni e “stoccarle” nel cuore perché non si ripeteranno, ce ne saranno altre, ma non più quelle. Mai più.
Gli olandesi hanno saputo “usare” anche il vento che soffia forte tra le canne piantate per stabilizzare la terra dei polder. La sua forza muove le pale su cui sono fissate le vele – si proprio come su una barca a vela – che servono per sfruttare al massimo il vento e produrre energia meccanica.
Davanti al primo mulino capisco cosa deve aver provato Don Chisciotte e mi dico che come lui questa gente non si ferma davanti a niente…