Tornerà
Questa volta vi propongo uno dei racconti che ho scritto qualche mese fa e che mi piace molto. Voi cosa ne pensate?
Tornerà
Era troppo tardi per il pranzo e ancora presto per l’aperitivo. Aveva scelto un tavolo polveroso all’esterno, sotto il gazebo dei glicini ormai sfioriti. Faceva caldo e l’ombra delle foglie frastagliate non bastava a proteggere dall’arsura d’agosto. La stava aspettando e lei era in ritardo, come sempre. Il cameriere venne a pulire il tavolo e prendere l’ordinazione, ma lui disse che aspettava qualcuno, come se l’altro non lo sapesse. Il cameriere lo guardò. Lo conosceva bene. Lo vedeva tutti i giorni da vent’anni, da quando aveva aperto lo studio di fronte al bar.
– Dovresti prendere un tavolo dentro, c’è l’aria condizionata, – disse il cameriere.
– Perché?
– Perché fa caldo.
– Io non ho caldo.
– Va bene.
– Perché non dici quello che pensi davvero?
– Perché non ascolteresti
Continuava a pulire il tavolo, come se lo volesse lucidare a fondo. Intanto delle vespe avevano cominciato a ronzare in cerchio, attirate da chissà cosa. Una coppia si era affacciata nel gazebo ma valutando che fosse troppo caldo si era subito ritirata all’interno. Una folata di vento fece cadere altre foglie sul tavolo appena pulito.
– Sono amanti. Vengono tutti i giorni, – disse il cameriere.
– Chi te l’ha detto?
– Ma non hai visto come si guardano intorno?
Si mosse sulla sedia cercando una posizione meno scomoda. Era una di quelle sedie di ferro smaltato da giardino. In primavera c’erano stati tante volte insieme e ci avevano trovato i cuscini sopra e le fiaccole antizanzara intorno.
– Cosa c’entra?
Il cameriere lo guardò – Cosa? – disse.
– Cosa c’entra come si guardano in giro sul fatto che siano amanti? – disse lui controllando lo schermo buio del suo telefono.
– Non lo so, – rispose il cameriere. – Ma s’intuisce che non sono molto sereni, quindi sono amanti. Sennò perché dovrebbero guardarsi intorno e venire qui tutti i giorni nelle ore in cui le persone lavorano di solito?
Il cameriere prese in mano il taccuino e lo guardò interrogativo chiedendosi se avrebbe ordinato, prima o poi.
– Perché non cominci con il prendere una birra rinfrescante? Non può che farti bene, – gli disse.
L’uomo guardò l’orologio e poi lo guardò a lungo come se cercasse di capire se davvero sapesse cosa stava provando. – Non sai di cosa parli, – disse infine. Il cameriere scostò la pesante sedia di ferro e si sedette.
– Vorrei andare in vacanza. Tu dove vai in vacanza? – disse.
– Non lo so.
– Perché non arriva?
– Come diavolo faccio a saperlo?
– Pensavo lo sapessi.
– Non lo so.
– È sempre in ritardo, comunque.
– Sì, è sempre in ritardo.
– Allora arriverà?
– Non credo.
– Come non credi?
– Non lo so.
– E come facevi a sapere che quelli erano amanti?
– Perché guardo in faccia la gente. Si vede quello che pensano nelle loro facce.
– E quindi hai visto che lei non sarebbe venuta.
– Credo di sì. L’ultima volta.
– In che senso l’ultima volta?
– L’ultima volta che siete stati qui a pranzo.
– Hai ascoltato?
– Ma figurati. Non c’era bisogno di ascoltare.
– Allora cosa?
– Allora dovresti prendere una birra e andare dentro, rinfrescarti e non pensarci più. E poi si dà troppo valore all’amore.
– Non sempre. Questa volta ha valore e lei verrà. Non è come le altre. Ha promesso che l’avrebbe lasciato e sarebbe venuta. Non l’hai guardata bene.
– Forse non l’ho guardata bene. Ma vorrei che tu venissi dentro e ti bevessi una cosa forte.
– Il cameriere fece per alzarsi, si guardò intorno, poi guardò lui e si risedette.
– Che cosa ci hai visto, nella sua faccia? – disse l’uomo. Il cameriere si sporse un po’ verso di lui, indeciso se valeva la pena insistere.
– Niente, – in fondo non era nemmeno una cosa che lo riguardava.
– Per favore – disse l’uomo.
– Te l’ho detto. Mi sono sognato tutto. Stai pure ad aspettare qui, tanto chiudiamo alle otto.
Il cameriere si alzò, prese lo strofinaccio che ormai si era asciugato all’aria e se ne tornò dentro. Allora l’uomo lo richiamò.
– Va bene. Prendo una birra piccola. Molto fredda, per favore. Qui fuori, grazie. – Il cameriere annuì e si diresse a passo veloce verso l’interno del bar.
– L’ho portata grande, offre la casa.
– Perché?
– Perché sei un buon cliente.
– Ti siedi?
– Sono stato seduto a lungo e non è servito a niente. Non la farà arrivare prima.
– Non è per quello.
– Allora per cosa? – chiese il cameriere. Era abituato a quelle situazioni e non voleva sembrare insensibile, ma questo stava esagerando.
– Per parlare un po’. Tu sei sposato, lo sai come vanno certe cose… Non è che l’abbiamo fatto apposta.
– Beh, ora mi offendi. Non vorrei trovarmi in questa situazione.
– Certo, non vorresti trovarti al posto mio. Lo so.
– No, – disse il cameriere fissando le sue pupille scure in quelle chiare dell’uomo. – Io non vorrei trovarmi al posto del marito.
– Buon per te. Tu almeno desideri non essere al posto del marito, – disse l’uomo. – Io desidero solo lei e pur di averla accetterei qualunque cosa.
– Ma dici sul serio?
– Dico sul serio.
– Beh, è molto bella. Ma di donne ce ne sono tante…
– Tu non sei mai stato innamorato. Non sai cosa si prova.
– Certo che sono stato innamorato. Smettila di dire stupidaggini. Beviti questa birra e vattene a casa che stasera c’è la partita.
– Io sono di quelli che non guardano la partita, – disse l’uomo. – Io sono di quelli che la notte non riescono a dormire, che bevono vino e leggono poesie aspettando l’alba.
– Io invece sono stanco. Ho fatto avanti e indietro in questo bar tutto il giorno e voglio andare a casa.
– Siamo diversi, io e te, – disse l’uomo, cercando il portafogli per pagare la birra. – Io darei qualunque cosa per un grande amore, uno di quelli che ti riempiono talmente da mettere tutto il resto in secondo piano, che sono talmente folli che il mondo potrebbe anche finire ma a te non importa altro che sentire il suo profumo, che vederla sorridere.
– Dovresti leggere meno poesie e prendere un sonnifero per dormire.
– Non riesci proprio a capire. Ti invidio per tutte le tue certezze. Tua moglie che ti aspetta a casa, la cena pronta, il giardino curato insieme, forse un cane che scodinzola.
– Vai a casa, – disse il cameriere prendendo i soldi.
– Buonanotte, – disse l’uomo. Sollevando il suo corpo dalla sedia come se fosse stato di piombo.
– Buonanotte, – rispose il cameriere. Lo guardò uscire lentamente con la schiena un po’ curva come di chi sa di aver perso qualcosa. Poi se ne tornò dentro pronto a finire il suo turno e andare a casa. La conversazione con l’uomo, uno dei tanti che frequentavano quel bar che sopravviveva grazie ai pranzi di lavoro e ai caffè clandestini, era finita ma lui continuava a pensarci. Chissà perché vengono tutti qui nemmeno fosse il posto ad attrarli. Sarà il quartiere industriale che tiene lontana la città vera, la vita vera. Statisticamente la maggior parte degli amori clandestini nasce in ambienti di lavoro, devo averlo letto da qualche parte. Sarà quello oppure no. Chi può dirlo. E poi qui fanno finta di essere fidanzatini, li vedono tutti ma non frega a nessuno, tanto si comportano allo stesso modo anche gli altri. Tutti allo stesso modo. È tutto uguale per tutti. Un tutto in cui ci siamo tutti e che è uguale per tutti. Un tutto che vogliamo tutti, disposti a tutto per averlo e che ci svuota tutti come bicchieri di birra bevuti sotto un gazebo in un tardo pomeriggio d’agosto. Era arrivato sotto casa e incastrato lo scooter tra una fiammante Mini rossa nuova di zecca e una Punto ammaccata. La sua macchina non c’era, come sempre. Prese le buste delle verdure comprate fresche da quello dell’angolo e che le piacevano tanto. Se avessero aggiustato l’ascensore sarebbe stato più facile raggiungere il quarto piano dove abitavano. Ma era rotto da tempo.
– Ciao piccola.
– Eccoti micina. La mamma non c’è ancora, vero? – disse il cameriere poggiando le buste sul tavolo.
– La gatta gli si strusciò contro le gambe.
– Pensi che oggi arriverà prima? Non lo sai? Ora le preparo la sua insalata preferita. Ho comprato tutte le verdure e questo vino fruttato che bevuto ghiacciato è uno spettacolo.
Cominciò a lavare le verdure e sistemarle in modo armonioso nei piatti, apparecchiò la tavola, mise una candela al centro e accese la televisione. La partita era finita. Dopo tutto, si disse, torna sempre. Tornerà anche questa volta.
Splendida “ novella”
Proposta in modo armonioso , come le verdure nei piatti del cameriere per la sua amata.
Bravissima
L’amore richiede armonia, richiede attenzioni e cure… eppure ce ne scordiamo così facilmente e dopo non è facile accordare nuovamente gli strumenti.
Grazie di cuore per avermi letto, Giancarlo.
Un bacio