Splash. Silenzio, parla il Mare…
Splash. Silenzio assoluto. Ascolto meglio, tendo le orecchie, mi sforzo di cogliere il minimo suono. Fermo ogni movimento, lascio le mie pinne immobili, le mani lungo il corpo, lascio che il mare mi avvolga e parli.
Una piccola castagnola nera mi guarda prima di girarsi contro la corrente. Sa che non sono una di loro ma i suoi occhi sono benevoli e comprensivi, si rende conto che il mare è troppo attraente per noi umani muniti di maschera e pinne – e bombole sulla schiena – per starne lontani. Come se avesse atteso che uno di loro desse il benestare, il mare comincia a farmi sentire la sua musica. Fruscii, scrocchi, movimenti, onde… tutto ha una ragione qui, un senso ben preciso, niente è a caso. Riprendo a muovermi cercando di seguire il ritmo di questa melodia. Lentamente, senza fretta, muovo le mie gambe e le mie pinne cercando di imitare i pesci, per quanto possibile con la mia figura umana un po’ sgraziata. Il respiro è morbido e fluido, non mi devo concentrare per rilassarmi, ormai. Dopo tanti anni ho la “modalità subacquea” incorporata. Le bolle che escono dall’erogatore lentamente, senza troppa opulenza, senza troppo rumore…
Sono a venti metri, l’acqua è un cristallo liquido e denso e la luce del sole penetra in raggi scomposti riflettendosi nelle poche particelle e sulle squame dei pesci. Le rocce sono ricoperte di una prateria di alghe verdi e mentre “volo” sospinta dalla leggera corrente noto diverse cerniotte completamente nascoste tra le matasse verdi. Quelle più grandi invece nuotano impavide in acqua libera. Un banco di barracuda si avvicina e mi guarda. Sorrido attraverso l’erogatore. Sorrido sempre ai pesci, sperando che mi prendano in simpatia. Mi guardano con i loro occhi sporgenti. La luce si riflette sulle loro livree facendoli brillare d’argento mentre mi circondano in un loop grazioso che serve per proteggersi e confondermi, nel caso avessi cattive intenzioni. Sono sicura che la mia faccia sorridente e i miei occhi che indicano chiaramente “non rappresento un pericolo” li rassicura. Comunque stanno lì e continuano a guardarmi girandomi intorno. Poi dal blu arriva una grande ricciola, frena bruscamente, cambia direzione e va verso la parete. Questo strano “branco” di animali che fanno le bolle non deve convincerla troppo. E sì che ne deve vedere di subacquei qui! Arrivano altre sue compagne, più grandi, si muovono tranquille sopra di noi. Ora sono tutti pacifici ma quando è il momento del pasto e della caccia, le cose cambiano totalmente. D’altra parte è così anche sulla terra, è così tra tutte le specie, è così anche tra gli uomini.
Mi giro verso le mie amiche sirene e sorrido anche a loro… ma si, sorrido a tutti. Sono felice, immersa in un liquido amniotico che rilassa il mio cervello ed il mio corpo, potrei veramente essere una sirena o forse lo sono stata in una vita precedente, chissà!
Quando la mia testa esce dall’acqua ho sempre il sorriso ebete stampato in faccia e, ancora con l’erogatore in bocca, guardo il cielo. Sopra di me ci sono poche nuvole bianche, spesse come in un dipinto di Van Gogh. «Sali in barca o ti recuperiamo domani?». E’ Alessandro che parla, la nostra guida subacquea oltre che caro amico. Sorrido anche a lui, tanto lo so che ha capito che il mare è in grado di stregarmi e mi perdona qualche piccola “distrazione”. Il rapporto di amicizia e una sintonia che si crea tra chi ha un rapporto “speciale” con il mare, non ha bisogno di troppe parole.
Sono in viaggio insieme ad altre donne con un comune denominatore: l’amore per il mare. Io, Daniela, Federica, Giulia e Monica ci sentiamo sirene dentro -come lo slogan inventato da mia figlia “mermaid inside”- mezze donne e mezze pesce, senza essere, purtroppo, ne l’una né l’altro. E’ un po’ questa la condizione femminile contemporanea in generale. Le donne hanno guadagnato la libertà di viaggiare da sole, di lavorare, di pensare, di procreare quando vogliono. Tutto ciò almeno sulla carta. Nella realtà si scontrano ancora con i pregiudizi, con la violenza, con i sensi di colpa, con le responsabilità dei figli, con i compromessi con i partner e soprattutto con l’essere sempre a metà… a metà tra l’essere chi vorresti ed essere come ti vorrebbero, tra volere e lasciare, tra desiderare e accontentarsi… tra acqua e aria appunto, come le sirene!
Questo gruppo di amiche-sirene nato un po’ per caso e un po’ per sfida si è riunito a Palermo in una assolata mattina di luglio, pronte e cariche per salire su un aliscafo che ci ha portato a Ustica. Chissà perché ogni volta che penso ad Ustica, mi viene in mente la Itaca di Ulisse e… di Penelope ovviamente! Dopo solo un’ora e quindici minuti di viaggio l’isola compare davanti ai nostri occhi. Il paesino con le sue case sparute dai colori tenui si presenta ai nostri occhi vogliosi di mare e di vacanza. Il profumo degli oleandri in fiore è intenso, sensuale e vibrante. I loro colori, misti a quelli delle buganvillee ammorbidiscono il profilo di una terra aspra e difficile. D’altra parte non è un caso se i romani la chiamavano Ustum che significa bruciato, per la sua origine vulcanica e i greci Osteoides, ossario, per i resti dei mercenari e pirati che vi si ritrovavano. Qualcuno dice che era il regno della maga Circe che trasformava gli uomini in maiali ed è naturale che un luogo del genere sia avvolto da un alone di magia e di leggenda. Un’antica profezia dice anche che l’isola come è emersa dal mare, un giorno vi sprofonderà nuovamente. Invece Ustica è sempre lì e, come una bella donna difficile e recalcitrante, sa farsi desiderare ma mai possedere del tutto.
L’uomo è intervenuto sulla terra, conquistando appezzamenti per la coltivazione e facendo crescere frutti dal sapore denso ed aromatico. Ha migliorato le piante locali e cercato di utilizzare tutto ciò che si poteva mangiare, dai capperi in poi, presenti in quasi tutte le ricette usticesi. Il Mare, però, regna sovrano su tutto.
Come Venere, anche Ustica è nata dal Mare. L’isola è solo una piccola parte emersa di un vulcano antichissimo. Le rocce basaltiche rivelano i movimenti dell’isola con resti fossili e lunghe strisce colorate che segnano il livello marino nelle varie epoche. I movimenti della crosta terrestre e le riottosità di un grande vulcano l’hanno liberata, ma le onde marine, come braccia possenti cercano di riprendersela a morsi d’amore. Il risultato sono grotte di incredibile bellezza, alcune sommerse, altre in parte emerse che essendo nate dall’amore del Mare per l’isola non possono che creare una seduzione occulta per chiunque vi entri.
Attirate dalle promesse dei flutti, rientriamo nei nostri “panni” di sirene e giù tra anfratti, passaggi e grotte. Procediamo piano per non sollevare sabbia e non disturbare i piccoli abitanti della grotta: gamberi, nudibranchi, paguri e varie specie di celenterati. Il silenzio è carico di significati, racconta di associazioni, regole da rispettare, lotte per la sopravvivenza e per la riproduzione. Le grotte sono ampie in alcuni casi, in altri si deve procedere in fila indiana ma il fascino è indiscutibile ovunque. Io me ne starei qui a lungo, a meditare e riflettere, a cercare di capire come si fa a imbrattare e inquinare, come si può non amare questo nostro incredibile pianeta… mah!
A Ustica, ogni luogo ha un alone di magia e i siciliani adorano raccontare storie sulle loro origini. Ogni nome ha una leggenda, un’origine e ogni luogo ha misteri da svelare. C’è un luogo, però, che più di ogni altro mi ha affascinato, che ha colpito la mia immaginazione e la mia fantasia: la grotta segreta o grotta degli amanti. I turisti ne parlano, gli usticesi sogghignano e ti guardano con malizia ogni volta che ne sentono il nome, ma fino a questo ultimo viaggio non ero riuscita ad andarci. Nessuna indicazione. L’ingresso è completamente celato tra le rocce nere ed è molto piccolo che mai ti immagineresti ciò che c’è dentro. Per arrivarci passiamo una distesa di agli selvatici in fiore. Sono milioni, la maggior parte di un colore lilla-violetto, altri bianchi. Si ergono fieri sui loro lunghi steli dritti, innalzando l’infiorescenza rotonda verso il sole, e riempiendo l’aria di un profumo sensuale che attira gli insetti impollinatori. Il loro colore fa un contrasto incredibile con il mare blu e con le rocce nere. L’ingresso della grotta è buio, poi la volta si apre lasciando entrare pochi raggi di sole. L’acqua è incredibilmente limpida, di un colore tra il verde e l’azzurro. C’è un passaggio sommerso che porta al mare aperto ed un altro emerso in cui le onde morbide si infrangono. Uno spettacolo di colori, luci e suoni… C’è un pezzo dell’anima del mare anche qui!
La sera, ci concediamo ad altri piaceri… il cibo e il vino, la granita e i cannoli. E tra un bicchiere di vino bianco ed una coppa al gelso volano confidenze e racconti di vita, creando le basi per un’amicizia che possa resistere a venti e tempeste.
Prima di andare l’isola mi fa l’ultimo regalo, la possibilità di raccontare del mio romanzo. Mi rendo conto mentre parlo, che “Seconda navigazione” è nato dal mio amore per il mare ed il mare lo richiama a sé ogni volta che può…
** Tutte le foto sono state scattate dalle sirene a parte l’ultima, per la quale ringrazio Alessandro Damiano
***Grazie a tutti gli amici di Mister Jump diving per le bellissime immersioni e la bella vacanza e grazie a Salvatore Zanca per averci fatto da guida tra le grotte.