Dicono di merecensioni

Seconda navigazione, visto da una lettrice

Torno a scrivere di Seconda navigazione, dopo un periodo molto intenso in cui il mio romanzo si è “staccato” da me ed è andato per il mondo da solo. Come succede con un figlio, quando lo vedi crescere, ne sei orgogliosa e nello stesso tempo ti manca un po’ il rapporto intimo di quando “apparteneva” solo a te.

Mi sono resa conto che Seconda navigazione è, ora, soprattutto dei lettori.

Leggo con attenzione ogni commento che ricevo, cercando di interiorizzarlo perché possa aiutarmi nei miei prossimi scritti.  Qualche spunto finirà, per caso o per scelta, nel prossimo romanzo che ho già cominciato a scrivere. Tutti voi siete molto preziosi e preziosissimi i vostri consigli e le vostre considerazioni.

Condivido di seguito un messaggio che mi ha colpito in modo particolare soprattutto nel riferimento ai vari “livelli” di lettura che era nei miei “piani” sin dall’inizio della stesura e nella citazione di Ben Jelloun che sento molto vicina a me e al mio modo di scrivere (Gli altri vadano pure a cercare altre storie; ci sono altri narratori. Io non racconto storie tanto per passare il tempo. Sono le storie stesse che vengono a cercarmi, che si impossessano di me e mi trasformano. Ho bisogno di tirarle fuori dal mio corpo per liberare le caselle troppo piene e fare posto a storie nuove. Ho bisogno di voi.)…

E tu, cosa ne pensi?

Ciao Donatella

No, non “senza fretta” – fin dal primo momento mi sono resa conto che i tempi non sono i miei, della mia reazione e/o partecipazione: sono insiti nella scrittura stessa – non “un” libro, ma più livelli che si intrecciano.

Quando ho cominciato davvero, alla prima lettura le frasi non avevano senso, le parole non avevano senso, da loro arrivava solo e soprattutto la musica, il ritmo della natura, l’armonia di un rapporto coinvolgente con la natura nel quale ritrovarsi e ripartecipare.

Alla seconda lettura frasi e parole cominciavano ad avere un loro senso e ciascuna apriva indipendentemente nuovi collegamenti, come quando leggo un articolo scientifico; e i collegamenti possono andare anche molto lontano e aprire nuovi spazi, nuove vie, nuove armonie, nuovi ricordi.

E’ alla terza lettura che il filo del racconto riesce a trovare la sua strada, a pretendere attenzione per poter fare la sua offerta in agganci, visioni, perché – sia domande che spiegazioni.  E’ ora che il coinvolgimento porta al vissuto della propria vita perché certi pensieri, certe situazioni, certe battaglie, certe vie di fuga, coscientemente o incoscientemente, fanno parte del vissuto di tutti; è raro trovarle espresse con altrettanta semplicità e chiarezza.

E ancora una volta ti fermi a pensare e ascoltare, ad accogliere e scoprire tutti i richiami sottostanti ai semplici caratteri scritti – nessuna vita è un unicum : ogni cosa è partecipe del tutto, la coscienza e l’armonizzazione dipendono dalla capacità e dalla ricerca di ciascuno.

E’ così che la lettura di una pagina può diventare un evento piuttosto lungo…

No, non lo definirei un “romanzo”, solo un romanzo.

Ad un certo punto ho ritrovato un pezzo di Tahar Ben Jalloud con la stessa profonda intensità di partecipazione che prorompe dalle parole:

“Le storie che vengono a cercarmi”

[…] questa storia è anche un deserto. Sarà necessario camminare a piedi nudi sulla sabbia che scotta, camminare e stare zitti, credere all’oasi che si profila all’orizzonte e che non smette di andarsene avanti verso il cielo, camminare senza voltarsi, per non essere portati via dalla vertigine. I nostri passi inventano il sentiero a mano a mano che si va avanti; dietro non lasciano tracce, ma il vuoto, il precipizio, il nulla. Allora guarderemo avanti e ci affideremo ai nostri piedi. Ci porteranno così lontano che le nostre menti crederanno a questa storia. […] Quelli che vogliono partire con me alzino la mano destra per un patto di fedeltà.  Gli altri vadano pure a cercare altre storie; ci sono altri narratori. Io non racconto storie tanto per passare il tempo. Sono le storie stesse che vengono a cercarmi, che si impossessano di me e mi trasformano. Ho bisogno di tirarle fuori dal mio corpo per liberare le caselle troppo piene e fare posto a storie nuove. Ho bisogno di voi.

(da : Tahar Ben Jelloun – Creatura di sabbia)

Carla

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