Riflessi di Oceano – Capitolo 5
Capitolo 5
Le Maldive, nel periodo di cui sto raccontando, attirano soprattutto navigatori, subacquei esperti, ammiratori di Cousteau, studiosi degli ecosistemi e della fauna, viaggiatori con il bisogno di avventura nelle vene che hanno già visto mezzo mondo e vanno fieri di ogni cicatrice. Ascoltano i briefing con attenzione, fanno domande pertinenti. A casa, passano ore in piscina, allenandosi come veri uomini rana. Sono pronti ad affrontare le difficoltà del mare, qualunque esse siano. Conoscono la biologia degli organismi marini, spesso la insegnano ad altri. Sono attratti dai grandi pesci pelagici e dalle immersioni che richiedono tecnica ed esperienza. Per questo, chiedono quasi sempre di immergersi nelle pass oceaniche in mezzo agli squali, e se c’è una corrente “allegra” che ti strappa la maschera dal viso e manda l’erogatore in erogazione continua, tanto meglio.
Il nostro itinerario regolare è studiato proprio per offrire la maggior parte delle immersioni nelle pass di Malè Sud, Felidu e Mulak. Le pass più belle, nei mesi invernali, sono quelle rivolte a est dell’arcipelago. Le pass, o Kandu holi in dhivehi, sono canali, quasi sempre naturali, attraverso cui l’acqua si incanala per entrare e uscire dall’atollo spinta dalle correnti oceaniche e dalle correnti di marea che si sommano e si sottraggono in base alla stagione e al momento della giornata. Il canale diventa una sorta di imbuto in cui, come dimostrò il fisico Giovanni battista Venturi, la velocità dell’acqua aumenta creando correnti anche molto intense. L’acqua dell’Oceano arriva nelle pass carica di nutrienti e offre cibo ai pesci più piccoli che abitano strettamente legati al fondale e che sono prede perfette per i grandi predatori. All’imboccatura del canale si addensano quindi grandi quantità di piccoli e grandi pesci, in una lotta per la sopravvivenza che avviene da sempre.
Immergersi con le bombole in questi siti significa essere testimoni oculari del cerchio della vita in un ambiente che non è il nostro. Là sotto siamo solo ospiti, ci muoviamo in modo sgraziato con le nostre attrezzature, cercando di imitare i pesci, e facendo rumore con le bolle che fuoriescono dai nostri erogatori. Siamo avidi di visioni inconsuete come solo gli umani sanno essere. Le creature marine ci osservano, ci studiano e poi, quasi sempre, ci ignorano.
Le condizioni di corrente forte rendono difficile la discesa.
Per arrivare proprio all’imboccatura del canale, dove ci sono la maggior parte degli animali, bisogna avere chiara la conformazione del fondale e i movimenti dell’acqua. Moussa, che guida la barca da quando era bambino, riconosce i reef a vista, dal colore del mare in superficie. Stefano gli ha spiegato come funzionano le pass e le correnti; anche se a scuola nessuno gli ha mai parlato dell’effetto Venturi, Moussa sa riconoscere intensità e direzione della corrente solo guardando le increspature dell’acqua. Stefano gli sta insegnando a immergersi, perché possa capire meglio le difficoltà e i desideri di un subacqueo. Moussa impara e porta la barca esattamente nel punto che ci serve: alla base del cono d’ombra. È il punto in cui l’acqua si divide in due correnti diverse, una che prosegue lungo il reef oceanico esterno all’atollo e l’altra che s’incanala nella pass, accelerando la sua velocità.
“Tutti pronti? Entriamo in assetto negativo, ci vediamo qualche metro sotto la barca e seguitemi giù senza perdere tempo.”
“Okay.”
“Okay.”
“Okay.”
Un tuffo dietro l’altro.
Blu scuro sotto. Mi giro, ci sono tutti. Scendiamo in un gruppo compatto. Mi volto regolarmente indietro, sono una guida “chioccia”. Un segnale di “okay” fatto unendo pollice e indice a cui ognuno risponde nello stesso modo, indica che la discesa procede senza problemi. In pochi minuti siamo sulla pass. Sembra deserta. La corrente forte ci costringe a pinneggiare vicino al fondo, su quello che chiamiamo il gradino che da un lato sprofonda netto verso l’abisso oceanico, dall’altro degrada dolce verso l’interno dell’atollo. Passano minuti che sembrano lunghissimi, ed ecco in lontananza le prime code brillare. Ci avviciniamo cercando di essere il più silenziosi possibile, ma la respirazione è un po’ accelerata a causa della corrente e della profondità. Gli squali sanno che siamo qui e, per ora, cercano di starci lontani. Ma il gruppo di Stefano, che si è buttato sull’angolo opposto a noi, sta arrivando dall’altra parte, e gli animali sentono anche la loro presenza. Iniziano a raggrupparsi al centro della pass, per stare a distanza di sicurezza da entrambi i gruppi.
Ci tengono sotto controllo, ci guardano: decine di squali grigi e squali pinna bianca si stagliano davanti a noi. Un gruppo di una dozzina di aquile di mare volteggia nella corrente. Un banco di carangidi argentei nuota in loop intorno a noi, risalendo dal blu più scuro. Ci avvolge, riflettendo la luce del sole che arriva dalla superficie come miriadi di lenti.
Trenta metri d’acqua ci separano dall’aria, ma l’acqua è così limpida che riusciamo a vedere la superficie. Siamo fermi sul fondo mentre il popolo del mare si muove intorno a noi, ci passa accanto, se ne va, ritorna: un carosello infinito.
Vedo una forma più grande e strizzo gli occhi per capire di cosa si tratta: ecco apparire un grande squalo. Troppo grande per essere un grigio. Troppo scuro per essere altro che il signore dell’oceano: un grande squalo martello, uno Sphyrna mokarran enorme, ci sta venendo incontro. Passa davanti agli altri squali, che diventano piccolissimi al confronto, con la sua andatura ondeggiante dovuta alla posizione degli occhi sulla testa e poi sparisce sotto il gradino. Non ci ha degnato di uno sguardo. Il mio primo grande squalo martello! Il cuore batte più forte. Il respiro sembra fermarsi per un istante lunghissimo. Poi di nuovo sento blub, blub, blub, blub. Mi giro verso i miei compagni di immersione e vedo lo stesso stupore e la stessa gioia negli occhi.
Ci concediamo lunghissimi secondi per interiorizzare l’emozione.
Ascoltiamo il nostro respiro attraverso l’erogatore farsi materia solida, fondendosi con il suono del mare. Veniamo da quel suono primordiale, ne conserviamo tracce nelle nostre molecole. Ci sentiamo a casa come nessun’altra casa sa accoglierci.
Vorremmo restare in questa casa per sempre.
Ma è ora di tornare nell’ambiente che abbiamo scelto milioni di anni fa, quando un nostro antenato lasciò il mare per abitare sulla terra. Ci stacchiamo dal fondo per lasciarci portare dalla corrente all’interno dell’atollo. La corrente è così forte che non c’è bisogno di nuotare. Sotto di noi e intorno a noi c’è un mondo straordinario. Le immagini ci scorrono negli occhi come un film accelerato: una razza sul fondo, un trigone, due aquile che volteggiano, una tartaruga impegnata a trovare riparo, un barracuda lungo un paio di metri che decide di tornare indietro per capire chi siamo e cosa ci facciamo lì.
A dieci metri dalla superficie lancio la boa di segnalazione, per far sapere a Moussa che stiamo riemergendo e alle altre barche di tenersi a distanza. Spesso incontriamo mulinelli di corrente, fiumi d’acqua che scendono verso il fondo o sparano verso la superficie. Tenere il gruppo unito è fondamentale. Moussa ci lancia il trapezio, una barra d’acciaio con cinque metri di corda a ciascuna estremità, a cui sono attaccate due grandi boe. Tutto il gruppo si appende al trapezio per la sosta, diventando un animale compatto e pesante che il mare non può trascinare a suo piacimento. Ci godiamo il viaggio, respiriamo e cerchiamo di memorizzare le emozioni vissute. Il silenzio è interrotto dal fischio dei delfini, che non vediamo ma sappiamo essere lì, poco lontani da noi. Siamo parte del mare. Siamo mare anche noi.
Ciò che costituisce la vera essenza dell’esistenza è l’insieme dei rari momenti in cui tutto sembra conciliarsi nella grande armonia universale. E oggi, qui sotto, siamo parte di quel tutto.
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Donatella, leggo ogni capitolo appena ti vedo su fb. E mi lasci senza parole, come quando ho in bocca l’erogatore ma l’adrenalina scorre generosa! Ogni riga un’emozione, già provata centinaia di volte, ma sempre nuova ed irripetibile. Maldive forever, sempre nel mio cuore ♥️
Caro Gino, talvolta nel rileggere anch’io sono stupita di quanto le emozioni siano ancora forti e potenti proprio come sott’acqua, hai ragione, migliaia di immersioni eppure il cuore batte forte e gli occhi s’incantano ancora come allora!
Grazie, ti aspetto ancora per il seguito…
Un abbraccio
Bellooooo e grazie per questo regalo, due capitoli insieme,sembrava veramente di essere infondo al mare con voi… che bello grazie ancora
Quanto mi rende felice il tuo entusiasmo, grazie di cuore cara amica!
Donatella leggo sempre più velocemente i tuoi racconti e il cuore mi si riempie di emozioni….tantissime volte sono venuto ma non mi basta ancora. Grazie dei tuoi tacconti. A presto!
Grazie a te, Roberto, di essere con me in questa navigazione in cui i ricordi disvelano emozioni e tempi passati ma che ancora influenzano il presente nel come siamo ogni giorno. Io non sarei la stessa senza quegli anni alle Maldive!
Un abbraccio e ti aspetto ancora qui.
Il mare, la culla dell’anima. Ricovero nostro e dei sogni che abbiamo. Grazie di questi racconti.
Grazie a te di leggere.
Un abbraccio
Cara Donatella … riesci a scrivere emozioni che sembrano indescrivibili…riesci a portarmi in immersione con te…riesci a farmi rivivere le sensazioni le sensazioni che si provano al cospetto la bellezza del mare e delle sue creature…Grazie di cuore ♥️ Aspetto il sesto capitolo
Cara Monica, è il mare che ha questo potere, unisce e divide in un moto incessante.
Grazie di cuore per leggere questa piccola storia.
Il prossimo capitolo arriverà domani o forse stanotte se le stelle sono generose…
Un abbraccio e a presto