Le mie Maldive

Riflessi di Oceano – Capitolo 4

Capitolo 4

Ogni settimana arrivano nuovi ospiti, appena il tempo di intrecciare un rapporto che le facce, le storie e l’atmosfera cambiano. Lo stesso giorno in cui i clienti partono, arrivano quelli nuovi. La domenica mattina è l’ora dei saluti, degli abbracci, dei ringraziamenti e dei “tornerò presto”. Poi, valigie sul dhoani e Moussa, il capitano, con i suoi riccioli e il sorriso sempre stampato, guida verso l’aeroporto. Altri abbracci, altri saluti, altre strette di mano, altri ringraziamenti e altre promesse sincere che non saranno mantenute, mentre le porte scorrevoli dell’aeroporto si richiudono dietro di loro.

“Mi stavano simpatici.”  
“Non affezionarti troppo, forse non li vedrai più.”  
“Chissà come saranno quelli nuovi.”  
“Lo scopriremo presto. Che dici, ci facciamo un tè mentre aspettiamo?”
Ci sediamo a un tavolino del bar frequentato soprattutto da chi, come noi, lavora nel turismo e dagli impiegati dell’aeroporto. Costa meno di quello per i turisti. Mi guardo intorno, spaesata, nonostante qui ci si conosca tutti e ci si saluti con entusiasmo e simpatia. Ma sono spaesata lo stesso, perché lo spaesamento è una dimensione che mi accompagna da sempre. Non mi sono mai sentita a casa nemmeno nella mia terra d’origine. Chissà dov’è casa per me! Il tè zuccherato e bello forte scaccia un po’ la malinconia, d’altronde è necessario: l’aereo che porta i nuovi ospiti sta per atterrare.

Il tabellone indica che il volo della Pakistan Airlines è stato cancellato. 

Proviamo a consultare il servizio informazioni per capire cosa sia successo e veniamo subito informati che c’è stato un tentativo di colpo di stato in Pakistan e che l’aeroporto di Karachi è stato chiuso per precauzione. Anche il gruppo che si trovava in transito è stato bloccato all’interno dell’aeroporto insieme a centinaia di altri ignari passeggeri.

“E ora?”  
“Proviamo a chiamare l’Italia.”  
“Proviamo a chiamare la Farnesina.”

Aspettiamo notizie davanti al display che continua a lampeggiare un rosso “cancelled”.

Dopo un po’, veniamo informati che una bomba è esplosa a Karachi e che i sospetti sono scappati, quindi per precauzione è stato chiuso l’aeroporto e isolate tutte le persone che erano all’interno in quel momento. 

“Non è una cosa così strana,” ci dice al telefono l’incaricato dell’ambasciata a Colombo. “Benazir Bhutto ha molti nemici e il suo mandato deve affrontare quotidianamente molte criticità interne. Nel 1993 è stata rieletta, ma la sua carica non è certo indolore per il Paese, scosso da proteste e atti terroristici continui. Comunque, loro stanno bene, sono dentro, per ora hanno cibo e acqua. Stiamo cercando di farli uscire da lì il prima possibile.”

Cinque giorni più tardi, siamo di nuovo in aeroporto. Stanno arrivando con un volo della Singapore Airlines che li ha portati finalmente alle Maldive per la loro settimana di vacanza, ormai ridotta a soli due giorni. Quando, uscendo dall’aeroporto, le nove persone, prima segregate all’aeroporto di Karachi e poi fatte viaggiare per mezzo mondo, ci trovano ad attenderle, si commuovono come dispersi che tornano in famiglia. Pensavano che avessimo perso le loro tracce e non sapessimo che stavano arrivando. Non avevano alcun modo di contattarci, nessun telefono o contatto se non con l’ambasciata il cui dictat era stato solo uno: uscire dal Pakistan il prima possibile, il resto si sarebbe visto poi.

Subito in barca. Subito un tuffo nell’acqua tiepida dell’Oceano Indiano. Subito un piatto di spaghetti al pomodoro. Subito un’immersione tra i pesci colorati.
Il racconto arriva la sera, con la barca in rada all’ancora e la via lattea luminosa sopra di noi.  

“Abbiamo avuto paura, nessuno ci diceva cosa stava accadendo e con l’andare delle ore i bar e le caffetterie dell’aeroporto stavano finendo il cibo e le bevande. Abbiamo dormito per terra come tutti, ma per il resto non abbiamo né visto né sentito manifestazioni o sommosse.”  
“Sono stati i dipendenti dell’aeroporto, bloccati anche loro come noi, a dirci della bomba. Sembravano abituati, rassegnati. Non è un Paese facile.”  
“Nemmeno il nostro lo è.”  
“Ma non ci sono bombe e morti tutti i giorni.”  
“Però ci sono stati, negli anni di piombo per esempio.”  
“La presidente ha idee troppo moderne per loro. Troppo libera… e poi è donna.”  
“Ti ricordo che Benazir Bhutto è stata anche accusata di corruzione più volte…”  
“Quando mai la politica fa sconti?”  
“Ci ricorderemo questo viaggio.”  
“Avrai qualcosa da raccontare agli amici.”  
“Potevano anche evitare di abbandonarci così in aeroporto, però…”  
“Ah, se restavi a casa non succedeva! Ma non avresti neanche fatto l’immersione di stamattina a Cocoa Kandu.”  
“Fantastica l’immersione di oggi.”  
“Mamma mia quanti squali, e quella manta alla fine!”  
“Corrente della madonna, ma sembrava di essere in un documentario di National Geographic.”  
“Momenti così non te li scordi.”  
“Ah, questo viaggio non lo scorderemo di sicuro!”  
“Altro che! E poi non siamo nemmeno stati abbandonati. Alla fine in barca ci siamo pure arrivati…”  
“Ma possiamo stare qualche giorno in più a bordo?”  
“Mi spiace, abbiamo un altro gruppo che arriva domenica: la barca è piena anche la prossima settimana.”  
“Che peccato!”

Alla partenza salutiamo i nuovi amici con abbracci e risate. Sembrano felici e senza rimpianti. I viaggiatori viaggiano per essere cambiati dall’imprevedibile.
Sento una specie di tristezza nel vederli passare al di là dei controlli. Forse l’averli attesi per tutti quei giorni, forse quella vicenda che all’improvviso ha reso tutto il mondo collegato da fili sottili… so che nemmeno io li scorderò. 
Stefano mi abbraccia e io mi lascio avvolgere dalla sua vicinanza. Restiamo noi, una cordata di due persone, un equipaggio che ha deciso di navigare il mare affrontando onde e bonaccia.  
“Ti ho già detto che non potrai affezionarti a tutti?”

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7 pensieri riguardo “Riflessi di Oceano – Capitolo 4

  • Che bello leggere di storie vere navigando sulla Dhonkamana!

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    • Donatella Moica

      Sei in un luogo di lettura privilegiato!
      Buona navigazione, cara.
      Un abbraccio

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  • Mauro Masciarelli

    Anche questo episodio, tutto di un fiato, e anche questa volta miei ricordi che si intrecciano con i tuoi.
    Le mie prime Maldive (fine anni ottanta) sono state contraddistinte da un cambio programma suggerito dalla Kuoni che ci cambiò il programma all’ultimo minuto. Avevamo programmato una settimana in Sri Lanka e una alle Maldive su un atollo (veliganduhraa). Ma in quei giorni ci fu una rivolta a Colombo e fummo “dirottati” si Bangkok e Singapore … Poi le Maldive e le prime immersioni…

    Grazie Donatella, piacevole lettura e splendori ricordi che riemergono dal mare

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    • Donatella Moica

      Erano anni in cui viaggiare era anche rischiare, mettersi in gioco, accettare l’imprevedibile, il ritardo e il cambiamento come parte integrante della trasformazione che ogni viaggio dovrebbe portare con sè.
      Sono felice che ciò che scrivo faccia riemergere anche i tuoi ricordi…
      Hai letto il Capitolo 5?
      Un abbraccio forte

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  • Fulvia Grassi

    Leggo volentieri nel mio letto nell’unico momento MIO della giornata prima di dormire… e tanti ricordi emergono e posso addormentarmi seguendo i miei sogni turchesi

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  • Fabio Del Signore

    Quando hai parlato della telefonata in Italia mi hai sbloccato un ricordo delle mie prime Maldive… quelle su un isola, Byadhoo nel dettaglio, all’epoca era d’obbligo un colpo di telefono a casa, tanto per far sapere che tutto andava bene… non c’erano ancora i cellulari, ma si andava alla reception con un telefono a filo e il ragazzo che faceva partire il cronometro per evitare di spendere un patrimonio che nel lontano 1988 ammontava alla bellezza di 15$ al minuto (se non ricordo male)!

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    • Donatella Moica

      Era proprio così che funzionava! I telefoni erano rarissimi, li avevano solo gli uffici e le reception delle strutture turistiche, nelle camere manco a pensarci, e nelle isole di pescatori c’era una cabina telefonica che serviva che chiamare e ricevere. Anche tu mi hai riportato a galla dei ricordi, ne parlerò…
      Grazie e un abbraccio forte.

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