Resto qui di Marco Balzano

Ci vuole un sacco di coraggio per restare quando il tuo mondo, quello che conosci o credi di conoscere, viene travolto da qualcosa di molto più grande di te, che non conosci e ti spaventa. 

Un giorno mia figlia mi chiede di comprare questo libro. Il suo gruppo di lettura ospiterà Marco Balzano per parlarne. Lo legge, me lo consegna, e mi dice: è bellissimo! Aveva ragione, è un libro straordinario da raccontare e condividere.

Marco Balzano capita a Curon, un paesino dell’Alto Adige, vede un campanile che spunta dal lago artificiale Resia e si chiede come mai quel campanile sia rimasto lì. L’autore del libro ha raccontato che a chiederglielo fu sua figlia di tre anni e lui non seppe rispondere. Come non avrei saputo farlo io e molti altri, credo. E poiché per poter scrivere la dote principale è la curiosità, Balzano comincia a chiedere in giro e ascolta la storia di un paese sommerso dall’acqua, di un fascismo che faceva sentire sbagliati a casa propria, di un nazismo che pareva salvare e che invece non salvava proprio niente. Nasce un romanzo che si chiama Resto qui. Una storia affidata con delicatezza e sapienza a una donna. Una storia in cui le donne hanno un ruolo determinante. Trina, le amiche, la madre, la figlia, tutte sono fondamentali. Decidono, sbagliano, soffrono, si assumono le responsabilità delle loro scelte e vanno avanti. Personaggi inventati che si muovono tra eventi reali che hanno segnato il nostro paese e tutti noi.

“In quelle valli di confine, la vita era scandita dai ritmi delle stagioni. Sembrava che quassù la storia non arrivasse. Era un’eco che si perdeva. La lingua era il tedesco, la religione quella cristiana, il lavoro quello nei campi e nelle stalle”.

Trina è la protagonista di Resto qui. Un carattere forte, a tratti ribelle, in cui i sogni si scontrano con un attaccamento alla realtà e al senso di responsabilità. Con le sue amiche trascorre l’infanzia e poi l’adolescenza tra le montagne, tra pascoli fioriti, tra gente che lavora nelle stalle e che conosce da quando è nata. La sua gente parla il tedesco, sono italiani ma con l’Italia non s’intendono, si sentono obbligati ad appartenere all’Italia. Trina vuole fare la maestra, vuole insegnare a leggere e scrivere il tedesco e anche l’italiano. Ma arriva il fascismo e Trina e le sue amiche non potranno mai insegnare nella scuola. Ma c’è chi non si arrende e vuole che i bambini imparino la lingua dei loro genitori, così vengono create scuole segrete e nascoste che ricordano le catacombe in cui i primi cristiani professavano la loro religione. Trina fa la maestra in queste scuole e insegna il tedesco, quando quella lingua era proibita. Convinta che sia quello il modo per opporsi a un’ingiustizia, convince anche le sue amiche a farlo. Purtroppo una di loro, Barbara, verrà scoperta, costretta all’esilio, forse picchiata e chissà cos’altro. Tra Barbara e Trina c’è un rapporto speciale, qualcosa di molto importante, che si spezza e non potrà più essere aggiustato.

Trina è innamorata di Eric, sin da ragazzina. Lo guarda portare le pecore al pascolo. Lo spia mentre si ferma a parlare con suo padre. Ne desidera gli sguardi senza avere il coraggio di dirlo. Suo padre che intuisce tutto decide di aiutarla e combina un fidanzamento tra i due. Erano tempi in cui questo accadeva, non c’è niente di strano. Non c’è niente di strano neanche nel fatto che lui accetti anche se non ci aveva mai pensato a lei in quel modo. O almeno questo è quello che dice a suo padre e, forse, non è vero. Forse è solo la timidezza di un ragazzo di montagna cresciuto orfano che glielo fa dire. Il matrimonio riesce, comunque, molto bene. I due si amano e si sostengono. Nascono due figli, un bambino e una bambina. Micheal assomiglia a suo padre, ama la montagna, desidera appartenergli, restare. Marica è bella, intelligente e, in un certo qual modo, diversa. Vuole scoprire il mondo, vuole studiare, vuole vivere. Non le basta la sua terra, le tradizioni, la famiglia, vuole di più. E per avere quello che per lei è “di più” se ne va. Va via da tutti loro e non tornerà. Giusto? Sbagliato? Non ha alcuna importanza negli eventi che interesseranno la sua famiglia e di cui Marica non saprà mai niente.

Trina è una madre abbandonata, orfana di figlia che continua a cercare spiegazioni, a chiedersi perché, a sperare in un ritorno. Tiene in vita il loro legame con il pensiero, con il sogno e con la scrittura. Scrive su un diario che la figlia non leggerà mai. Ci mette il suo dolore di madre, la sua delusione, l’impotenza e la rabbia e tutto l’amore che può. Tutto l’amore che non può finire neanche per un abbandono. Intanto la storia le scorre addosso. Arrivano i fascisti e le impediscono d’insegnare. Eric va in guerra e ne torna ferito nel corpo e nell’anima. Arrivano i nazisti e le portano via un altro figlio. Scappano e la montagna innevata riesce a salvarli. Cominciano a ricostruire se stessi e arrivano le ruspe che raderanno tutto al suolo per costruire una diga che non si sa bene a cosa dovrebbe servire. Eric, allora, si trasforma in moderno Don Chischiotte e combatte armato di niente contro un mostro potente. E mentre i compaesani si affidano a Dio e al destino, lui usa le parole per cercare ragione. E quando queste gli mancano le chiede a sua moglie. E Trina gliele da. Trina c’è sempre. Trina resta. Trina desidera ma resta. Trina resta per suo marito, per la sua terra, per i figli che ha perso, persi entrambi anche se in modo diverso. Trina sbaglia, perde quelli che ama ma resta. Di lei, di loro, però, resta poco: una chiesa sommersa e un campanile che si erge da un lago.

Resto qui di Marco Balzano è candidato al Premio Strega.

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