Prospettive di Pasquale Cavalera
Credo negli incontri. Credo nelle parole che si scambiano, negli occhi che si guardano. Credo, ancora, che l’amicizia nasca per una strana alchimia di sensazioni. Non credo agli incontri virtuali.
Eppure, ultimamente sono stata smentita più di una volta in questo mio “credo” che sono decisa a rivederlo del tutto. Una di queste volte è stato l’incontro virtuale con Pasquale Cavalera. Omen nomen potrei quasi dire, un vero cavaliere errante della parola. Un elegante e raffinato amante di libri, un lettore attento e uno scrittore profondo. Ogni suo testo suscita in me riflessioni. Entro dentro le sue storie brevi, i suoi personaggi umani proprio, semplici e contorti al contempo, proprio come siamo tutti noi. E anche Pasquale è un miscuglio, un cocktail portentoso di matematica applicata al cuore. Non saprei come altro definire i dodici racconti contenuti in questo libro. Ma giudicate voi e ditemi se non avete mai provato sensazioni simili a quelle che provano i protagonisti.
Rimpianti
Freddy ha trentotto anni e due fottutissimi rimpianti che non lo mollano. Uno, non aver cambiato lavoro al momento opportuno. Due, non aver giocato a sufficienza con sua nonna.
Uno. Il lavoro. I primi anni di vita professionale li trascorse in un mondo tutto suo, immerso in una profonda visione fantascientifica della realtà. Dal punto di vista emotivo la prima assunzione si rivelò sconcertante. Il suo titolare era intenzionato a fare il grande passo, diventare un potente industriale in ambito ospedaliero. E Freddy investì tutto l’entusiasmo per raggiungere tale obiettivo. In quattro anni creò un sistema di gestione perfetto, in cui ogni dipendente occupava un posto ben determinato, in piena armonia con l’ambiente circostante. Una macchina geniale con cui far esplodere il business. Ed il fatturato di fatti cominciò ad aumentare, anno dopo anno. Da minuta ed insignificante componentistica, l’azienda si aggiudicò appalti per forniture di letti per lungodegenza elettrici ad altezza variabile, ventilatori per rianimazione, tavoli operatori ortopedici, dispositivi per terapia intensiva, indumenti di ogni tipologia per personale medico. Nuove assunzioni, nuove attrezzature, nuovi clienti, quindi altre assunzioni. Il meccanismo era così ben oleato che indusse il neo industriale, senza scrupolo alcuno, a licenziare in tronco Freddy. L’azienda era in vertiginosa ascesa ed il suo lavoro non serviva più, quello che doveva fare era già stato compiuto, quindi via dalle palle. Un’onerosa bocca in meno da sfamare per l’esimio imprenditore. Pochi sanno che in quegli anni Freddy rinunciò a decine di proposte provenienti da prestigiose imprese sparse in tutto il mondo, disposte ad offrirgli fama e denaro. Ma lui rifiutò, per amore e rispetto degli operai e del suo titolare.
Oggi vende riviste sportive in piazza, nel chiosco di famiglia. Scioccato dalla disavventura professionale, ha deciso di non essere più complice di un sistema demoniaco in cui per denaro l’uomo rinnega l’uomo, abbandonando di fatto la propria coscienza ed insieme ad essa ogni fraterna comunione.
Due. La nonna. Lo svegliava ogni domenica mattina alle ore nove in punto, per il semplice piacere di condividere un’amorevole partita a briscola. Le negò questo piacere, durante gli anni delle medie perché doveva giocare a calcetto, durante gli anni delle superiori perché doveva uscire con le ragazzine che gli ronzavano attorno, durante gli anni universitari perché doveva recuperare registrazioni di lezioni arretrate, durante gli anni post laurea perché il lavoro lo inghiottiva prosciugando ogni sua energia. Accettava la partitella solo quando veniva svegliato dal solletico che la nonna gli provocava al naso con una banconota da dieci euro arrotolata a forma di cilindro. Acconsentiva se retribuito e per un lasso di tempo non superiore alla mezz’ora. L’anziana signora morì a causa di un’epatite fulminante qualche giorno dopo il licenziamento del suo unico ed amato nipote.
Da allora, ogni domenica mattina, Freddy prega sulla tomba di nonna Lucia.
Da allora, ogni domenica mattina, le dona dieci euro di rose rosse profumate.
Da allora, ogni domenica mattina, il chiosco di famiglia resta chiuso in segno di lutto.