L’arte di lasciarsi ispirare
Più o meno ogni giorno devo scrivere articoli, email o brevi interventi che richiedano un minimo di creatività ed ispirazione. Ci sono giorni in cui è più facile, altri in cui è più difficile ma va fatto lo stesso.
Spesso mi viene chiesto: «ma come fai?». Io rispondo: «mi lascio ispirare!».
Purtroppo non sono una di quelle persone che fanno tutto con largo anticipo. Che anticipano le scadenze di giorni per poi poterci ritornare, rivedere lo scritto, correggere e modificare. Io no, purtroppo! Io devo vivere con l’adrenalina dell’ultimo minuto, del “fallo ora o sarà troppo tardi”. Attenzione non voglio dire che sia un buon metodo, anzi è molto meglio l’altro, quello in cui tutto è programmato e le cose vengono fatte molto prima della scadenza. A me non riesce! Io devo aspettare la scarica di adrenalina che deriva dalla paura di non farcela, di non arrivare in tempo, di fare una figuraccia… solo allora il mio cervello si guarda intorno e trae ispirazione.
Ma ispirazione da cosa, ti starai chiedendo? Più o meno da tutto è la risposta più giusta. Ci sono delle tecniche ovviamente. Perché sennò a scrivere di cose totalmente diverse tra loro diventerei proprio matta. La mia tecnica è quella di scrivere il titolo o il concetto di cui dovrò parlare al centro di un foglio e poi creare una immagine nella mia testa. Il cervello sottoposto a questa pressione va a cercare qualcosa che è già catalogato lì. Cerca nel grande archivio delle esperienze e tira fuori cose che mai mi sarebbero venute in mente, a farlo razionalmente. Pensa che io, ogni tanto, gli faccio i complimenti come se fosse una sorta di segretaria che gestisce e custodisce i miei ricordi, le mie esperienze e le emozioni ad esse collegate.
Così se, per esempio, devo parlare dell’autunno scrivo al centro della pagina con una matita colorata AUTUNNO e magari disegno anche qualche fogliolina e qualche castagna. Chiudo gli occhi per qualche minuto e… il mio pensiero va subito a una passeggiata di cinque anni fa, in compagnia di Asia, il mio cane che aveva appena dieci mesi. L’idea era quella di andare per funghi, o comunque di godersi il profumo del sottobosco. Era una giornata fredda ma soleggiata ed il bosco era una macchia di castagni non lontana da casa. Tra loro c’era qualche altra pianta alta e slanciata che si contrapponeva come forma e colore creando una bella palette cromatica di aranci, rossi e gialli. Ogni tanto qualche riccio cadeva pesantemente a terra con il suo interno di frutti marroni. Il tonfo era sordo e forte. Prenderlo in testa non sarebbe stato molto piacevole. Anche Asia si impauriva ad ogni nuovo rumore. Mi ricordo lo scricchiolio delle foglie secche sotto i miei piedi pesanti. Asia, che era ancora una cucciola con le gambe magre e lunghe come lo sono quelle di tutti i pastori tedeschi intorno agli 8-10 mesi, era più silenziosa, più adatta alla vita nel bosco. Le parlavo, forse più per rincuorare me che lei. I suoi occhioni marroni mi guardavano per cogliere ogni sfumatura nella mia voce. Io, il quel momento, grande e grossa rappresentavo quella con più esperienza e che l’avrebbe dovuta proteggere da un eventuale pericolo. Meno male non ce ne fu bisogno! Una volta in cima alla collina ci trovammo in uno spiazzo aperto. Al centro c’era un grosso ceppo tagliato dai taglialegna. Forse l’albero, troppo grande e vecchio era caduto, ed avevano dovuto portarlo via a pezzi. Quell’aia in mezzo al bosco lasciava passare la luce e crescere l’erba. Tutto intorno tra l’erba e le foglie cadute dagli alberi c’era uno spesso bordo di ciclamini. Una specie di cornice viola ad un cratere nella foresta. Io ed Asia decidemmo che era più facile raccogliere le castagne e tornammo a casa con un bel bottino ma senza neanche un fungo.
Se invece devo preparare un discorso su un argomento tecnico mi immagino le persone davanti a me. Cerco di comprendere quali parole potranno rappresentare le parole chiave del discorso in base al tipo di audience e all’argomento e costruisco l’immagine da cui far partire il mio cervello. Un piccolo suggerimento: non presentarti mai davanti ad una platea senza sapere niente di chi hai davanti. Si rischia di utilizzare parole incomprensibili o che non otterranno il risultato voluto. Eh si, vale anche per un colloquio di lavoro o una riunione con un cliente/fornitore.
La tua immagine di partenza deve essere arricchita anche anche da profumi, suoni, odori, sapori…
Una volta che hai scritto la trama principale dovrai rileggere (almeno un paio di volte), per limare eventuali ripetizioni, togliere o cambiare qualche parola di troppo, controllare la punteggiatura e aggiungere qualche frase ad effetto. Mmmm… io spesso non ho il tempo di farlo e questo non è assolutamente un bene!
Prova e scommetto che ci riuscirai facilmente. La difficoltà sta solo nell’iniziare e poi ad un certo punto dirai: «caspita, ci riesco!»