La forma della neve
Sono partita per il Giappone per cercare un pezzo del mio puzzle sospeso nel vortice tra passato, presente e futuro. E in questo paese, pieno di fascino e mistero, la storia che avevo in mente ha preso una strada inaspettata.
“Quante volte mi sono chiesta se sono mai arrivata da qualche parte per davvero… anche solo una volta sarà successo? Forse non me ne sono accorta, forse avevo sorvolato il posto “giusto” solo per un attimo, senza saperlo, e così l’avevo perso.”
Da un’idea a una storia scritta
Ogni giorno guardo persone che si muovono veloci, parlano senza riflettere, ridono e piangono senza riflettere, pensano senza riflettere. Manca il tempo per la riflessione. Si agisce senza preoccuparsi di ferire, si parla senza scegliere le parole. Il mondo va troppo veloce e ogni istante vuoto e riempito dai social, da un telefono blindato con password, riconoscimenti vocali o della retina quasi contenesse la nostra anima e non solo i nostri segreti. Tutto cambia forma continuamente e ci si chiede quale sia la sostanza. Il lavoro è fluido e senza radici, le esigenze anche, i rapporti instabili, le relazioni nascono sui social e finiscono su whatsapp. E dio? si è perso nei vicoli di questa nostra era, così lo cerchiamo disperatamente, ovunque. Una qualche religione proveniente da chissà dove, una filosofia, una credenza, un mago o una santa possono diventare maestri-guida in un attimo per poi essere, spesso, digeriti e sostituiti altrettanto velocemente. Tutto scorre rapidamente senza lasciare traccia, che si tratti di un mobile dell’Ikea o di un amore, sembra non restare nulla di nulla. L’unica costante sembra essere questa ricerca della perfezione, una ricerca ossessiva: facce tutte uguali, corpi perfetti a qualunque età, vestiti omologati, espressioni comuni. Impera davvero l’effimero? Ne siamo tutti vittime o carnefici? E cosa significa effimero? Questo interrogativo mi ha turbato per un bel po’ di tempo. Mi sono chiesta se tutto quello che “sembra” sia veramente così…
Volevo raccontare la società postmoderna, liquida come l’ha definita Bauman, attraverso una storia. Cercavo risposte. Non le ho trovate, non tutte almeno. Ho scelto una donna come protagonista perché mi era più facile visto che sono donna, frequento tante donne e per indole personale attiro le loro confidenze. E perché credo che la “liquidità” sia più complicata per il genere femminile. La società si aspetta che siano forti, determinate, brillanti, colte, con lavori interessanti e di successo, belle a tutte le età; la biologia richiede che debbano essere generatrici di vita e che garantiscano la prosecuzione della specie; poi c’è il mondo interiore fatto di fragilità, desideri, traumi e sofferenze che non è ammesso manifestare in pubblico. Insomma, trovare un equilibrio tra tutto questo non è affatto facile.
Mentre scrivevo La forma della neve mi facevo domande sul significato di effimero, leggevo gli haiku, scoprivo la cultura e i simboli giapponesi e li confrontavo con i nostri. Lo scorrere del tempo è l’unità di misura dell’effimero. Il tempo che ai nostri occhi è visto come una perdita di sé, un cambiamento doloroso e faticoso si contrappone all’idea giapponese dell’effimero positivo, di uno scorrere del tempo affermativo e fluido che integra e accetta le trasformazioni ritualizzandole. Gli haiku celebrano l’effimero, l’impermanenza e l’imperfezione delle cose. Non è bello ciò che è perfetto ma ciò che fa dell’imperfezione la sua bellezza. Mi sono affezionata al simbolismo giapponese della neve che rappresenta la morte, intesa come trasformazione da una cosa in un’altra. La neve è simbolo di passaggio, di metamorfosi. Per rinascere, come i fiori di ciliegio in primavera bellissimi e puri, occorre accettare che qualcosa debba morire. Si accetta di perdere una parte per costruire qualcosa di nuovo, nella vita come nel romanzo.
La storia
La forma della neve racconta la storia di una donna di oggi. Coraggiosa, indipendente, determinata fuori e con un grande bisogno di radici e d’amore dentro. Trovare l’equilibrio tra il mondo esteriore e quello interiore non è facile. Sembra tutto disponibile, tutto a portata di mano, eppure la vita naviga su una costante sensazione di vuoto e di fragilità. Il bisogno di amare e essere amati resta, però, un nodo cruciale.
Continuiamo a sentire la mancanza di qualcosa, ma non sappiamo cosa sia. Ne attribuiamo la responsabilità al passato, ai genitori, alla storia e viviamo perennemente concentrati nel futuro dimenticando di vivere il presente. Virginia è perfettamente integrata nella società postmoderna. La sua vita scorre liquida e veloce, con un lavoro che si prende la maggior parte del tempo, con rapporti instabili e non duraturi, con amori che nascono sui social e finiscono su whatsapp senza avere nemmeno il coraggio di guardarsi in faccia. Persino troppo facile sfilacciare gli impegni e liberarsi da strascichi. E man mano che gli anni passano le domande sul senso di esistere diventano più pressanti, la paura della morte una costante e l’ansia di non lasciare nessuna traccia di sé un’ossessione.
È il tempo che passa. Non c’è nulla di sbagliato nel tempo che passa. Non potrei proprio pensare a un tempo immobile, a un giorno che dura per sempre, a qualcosa che non finisce mai. Eppure… eppure ho paura. (da La forma della neve)
A quasi quarant’anni, pensando di intraprendere un viaggio verso un uomo, scoprirà invece di essere alla ricerca della sua anima. Virginia affronta strade, paesaggi e incontri in un libro on the road che non è sulla strada ma che rappresenta un viaggio ben più profondo. Trova un nuovo lavoro con uno strano capo giapponese che non dà ordini ma impartisce lezioni di vita da un letto d’ospedale in cui è in coma. Entra in punta di piedi nelle storie dei vecchi pazienti e in ciascuna di loro troverà qualcosa che serve anche a lei. Si confronta con una bambina, di cui vorrebbe essere madre e figlia, che la mette in discussione continuamente mostrandole le sue debolezze e le sue incoerenze.
Il tempo si fa più rarefatto, gli spazi diventano inconsistenti e ogni cosa, dalla più piccola violetta al più grande albero, manifestano la loro anima. Il tutto è unito dalla neve che cambia l’aspetto delle cose dando loro una forma diversa e sconosciuta. Scoprire chi siamo significa anche perdere parti di sé e, quando la neve si scioglierà ciascuno avrà, forse, perso qualcosa ma trovato altro.