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Impresa-persona: la storia che è stata diventa futuro

“Non sei fregato finché hai una buona storia da raccontare e qualcuno a cui raccontarla”.
Alessandro Baricco – Novecento

Qualche giorno fa ho passato un intero pomeriggio con una giovane collega imprenditrice per parlare del suo nuovo progetto di start-up. Doveva essere il tempo di un caffè e di un racconto, ma poi è diventata una conversazione sulle ragioni profonde che la spingono a creare quell’impresa.

Era chiaro a me, e non a lei, che alcune direzioni che vorrebbe prendere sono strettamente legate a persone importanti e a eventi determinanti della sua vita. Così le ho proposto alcune scritture che avrebbero potuto scavare nella memoria portando indietro frammenti preziosi.

Così è stato. Ci sono stati momenti di commozione nel ricordare persone che non ci sono più, luoghi dell’infanzia lontani nel tempo e scelte che sembravano sbagliate, ma poi nella scrittura appariva chiaro quanto fossero state fondamentali per la sua trasformazione. Ne sono seguiti altri di spiegazione e condivisione. Guardare la propria storia da una visione retrospettiva consente di ridarle dignità. A volte non solo alla propria, ma anche a quella di altre persone che hanno viaggiato insieme a noi, almeno per un tratto di strada.

E si capisce anche il perché ci si trova sedute, proprio noi due, a un tavolo a leggere un business plan di un progetto che sta molto a cuore.

Con le scritture successive abbiamo scavato più a fondo. E abbiamo scoperto che quella start-up ha una purpose importante, legata a una dimensione che esce dall’io per abbracciare gli altri ed è questa la ragione fondamentale per cui vale la pena impegnarsi per riuscire a realizzarla, per riuscire a darle una forma che consenta la sua sostenibilità e il profitto indispensabile per farla crescere e sopravvivere.

Ci vuole un grande sogno e una grande motivazione anche solo per immaginare di creare un’impresa, anche la più piccola. Altrimenti l’impegno, la fatica e, spesso, la solitudine che si accompagna alla leadership non sarebbero tollerabili.

Ma il sogno non basta. Occorrono anche competenze ampie, strategie e analisi numeriche. Come un treno che si muove su due binari, anche l’impresa ha bisogno del sogno e della razionalità.

Si crea sempre un legame molto speciale quando si scava il terreno della memoria e lo si condivide. Quando ci siamo salutate con un abbraccio, perché ormai siamo amiche, mi ha fatto una domanda:

  • Perché lo fai? Intendo dire: hai la tua azienda, la tua vita, i tuoi impegni, perché dedichi così tanto tempo e attenzione agli altri?

In quel momento ho solo risposto che sentivo di dover mettere a disposizione di altre persone, di altre donne come me, le competenze acquisite in decenni di leadership aziendale. Anche la mia impresa ha radici profondamente intrecciate con la mia storia…

A sera, però, mi sono interrogata più a fondo.
Perché lo faccio.
Qual è la mia purpose?

Sono tempi molto complessi, con problemi globali enormi in buona parte dipendenti da noi e dalle nostre scelte. Come scrive Enrico Sassoon:

“Solo 10 anni fa la rappresentazione del mondo come è oggi sarebbe sembrata improponibile e ai limiti della fantascienza. (…) Poi è iniziata l’epoca delle grandi crisi in cui attualmente viviamo e che non poco ci preoccupano. Crisi successive di portata sempre più ampia, molte delle quali addirittura globali. Al punto che ormai è diventato normale e ripetitivo parlare di policrisi.”

Sono molte le crisi, alcune sotto gli occhi di tutti, altre più celate, meno evidenti ma altrettanto subdole.
Vi è una profonda crisi che non è solo quella delle democrazie: è la crisi causata da disuguaglianze crescenti, della paura della diversità e di un modello economico che continua a estrarre tutto ciò che può, senza preoccuparsi di ciò che troverà domani.

Vogliamo sempre di più.
Invece dovremmo imparare a riconoscere le meraviglie che abbiamo e che potremmo perdere:
la pace, la bellezza, la fragile armonia di questo pianeta.

Sto leggendo un bellissimo libro di David Bellatalla sulla Mongolia e i mongoli.
Quando i pastori nomadi decidono che è venuto il momento di lasciare una terra per spostarsi altrove, si assicurano che nessuna traccia di loro rimanga nella terra.
La terra stessa è restituita integra, come li aveva accolti.

Noi abbiamo perso la capacità di preoccuparci della terra, di preoccuparci del mare.
Non sappiamo più preoccuparci degli altri.
Abbiamo bisogno di continuare a produrre.
Ma esistono modi nuovi perché ciò avvenga con una consapevolezza di lungo periodo, 
lasciando spazio
e terra e mare
anche a chi verrà dopo.

Come si fa a innescare un cambiamento in un’epoca in cui si vive di cortotermismo, in cui gli stessi leader politici prendono decisioni cercando solo di passare la giornata e superare la nuova crisi che nasce ogni mattina? 

Come si fa a trovare l’ottimismo e la speranza in un tempo in cui impera l’individualismo e parole come bene comune e comunità sono dimenticate?

Partendo dalle persone.
E partire dalle persone significa partire dalla storia personale che ha mosso i nostri pensieri, che ci ha spinto a creare,
a sognare quel sogno anche quando era più grande di noi.

È allora che l’impresa si fa persona,
non più staccata dal resto del mondo.

Abbiamo bisogno di imprese-persone.

E nessuno si può tirare indietro.
Ecco perché lo faccio.

Ecco perché ti ho scritto stasera,
mentre piove sul tetto della mia camera
e sembra 
una musica bella. 
Se non ci fosse l’allerta meteo in Toscana,
e molte persone 
hanno certo messo sacchi di sabbia 
davanti alle loro porte, 
per le loro case
e per le loro attività
che con tanta fatica
hanno tirato su. 

Se evacuate abbracciano 
il gatto e il cane 
in macchina 
e la valigia nel portabagagli 
che non sanno cosa ci hanno messo dentro 
e piangono perché tutti stanno perdendo
qualcosa e
l’acqua fa paura 
e rabbia 
per chi non ha fatto tutto ciò che poteva 
per cambiare 
qualcosa, una piccola cosa

resterei ancora qui,
a scrivere e ascoltare 
questa pioggia che viene 
e racconta 
molto di me e di te.

La civiltà è in un momento critico: o cambia il suo rapporto con la natura, o sarà la natura a cambiare la civiltà.” (Jacques-Yves Cousteau)

Se questo racconto ti ha parlato, potrebbe essere il momento giusto per iniziare a scrivere la tua storia.
A breve lancerò un percorso dedicato alle imprenditrici che vogliono trasformare la propria storia in purpose e impatto.

 Se vuoi saperne di più puoi leggere qui e se vuoi restare aggiornata, lasciami la tua mail nei commenti o scrivimi direttamente.

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