Il senso della neve nel mio romanzo
La forma della neve è un romanzo intimo e onirico che assume a tratti il passo lieve della favola e che gioca con le percezioni del lettore conducendolo all’interno di una storia fatta di sofferenze, abbandoni, amore e perdono. La neve è la protagonista invisibile e silenziosa di una storia che ha un forte legame con la tradizione artistica giapponese e con il simbolismo zen.
Spesso mi chiedono che senso ha la neve nel mio romanzo. Rispondere non è facile, perché vi sono molteplici significati ma ci provo qui.
Diversi scienziati sostengono che non esiste un fiocco di neve uguale a un altro. La deduzione si deve al fatto che in un fiocco di neve ci sono un’enorme quantità di molecole d’acqua, nell’ordine di miliardi, ed è quindi altamente improbabile che essi si dispongano nello stesso modo. Verrebbe da dedurre che la neve non ha forma. In realtà non è proprio così. Se guardiamo il fiocco a livello atomico è una cosa, se ne guardiamo la forma è un’altra. Insomma, si tratta di decidere a che livello di dettaglio ci si vuole fermare. La scienza mi ha sempre affascinato. Le sue regole, le somiglianze che si trovano in natura tra strutture a volte diversissime tra loro – neve, minerali, fiori – mi intrigano e mi stupiscono.
Oggi, grazie, ad apparecchiature fotografiche avanzate sappiamo anche che i fiocchi si uniscono mentre cadono creando forme ancora diverse. E quando sono a terra si adagiano sulle cose ricoprendole di candore e dando loro una sorta di forma nuova. Ne cancellano le asperità, attutiscono gli angoli, uniformano le differenze pur esaltandole. Niente è più uguale a prima. E la sensazione di benessere davanti a un paesaggio innevato è carica di significato, densa di spiritualità e di pace.
Niente era più uguale a prima. Le cose avevano preso una forma sconosciuta fino ad allora, la forma della neve. Cadendo dal cielo, i fiocchi avevano privato il paesaggio del colore riducendolo a pura linea. Nessuna forma perfetta, nessuna certezza, solo linee in evoluzione. La neve aveva cancellato ogni asperità lasciando solo silenzio.
Spesso nella poesia giapponese la neve e i fiori di ciliegio si ritrovano associati: come se i fiocchi che volteggiano leggeri e i petali dei fiori di ciliegio che cadono fossero entrambi modi di rappresentare la bellezza estrema ed effimera. L’associazione neve-fiore di ciliegio trascina con sé l’immagine del samurai. Il fiore del ciliegio è simbolo della bellezza effimera e della caducità della vita, la neve è portatrice di purezza e di morte. Ma non si tratta di una morte con l’accezione negativa che le diamo in Occidente, bensì di una sorta di “passaggio”, una purificazione e di una trasformazione in qualcosa di diverso. E se nessuna metamorfosi è possibile senza un qualche dolore che l’accompagni, la neve diventa anche simbolo di cancellazione del male. Occorre, infatti, fare pulizia anche dentro l’anima per poter superare traumi e dolori e permettere che qualcosa di nuovo possa crescere. Mettersi a nudo con sé stessi, ripulirsi, abbandonare i preconcetti costruiti dentro che soffocano e non lasciano vivere, la protagonista de “La forma della neve”, Virginia, dovrà fare tutto questo per andare avanti e trasformare la sua vita.
La neve univa ed equilibrava, come il colore in una grande tela creando un’unità perfetta. Essere tutto e uno. Una sintesi tra finito e infinito. Io che mi ero sempre sentita frammentata, per un attimo ero stata parte di quel qualcosa.