racconti

Il primo pazzo non si scorda mai

Vent’anni. Lavoro estivo precario, a tempo determinato. Mille camere ammassate a bordo mare.

La signora si avvicinò alla reception, guardandosi intorno in modo circospetto. Mi fece cenno di avvicinarmi verso di lei, al di là del bancone. La voce quasi a un sussurro, che facevo fatica a sentirla.

  • Signorina, non è che mi voglio lamentare, però così non si può dormire. Tutto quel rumore e tutte quelle parolacce.
  • Mi dispiace molto signora. Vede non tutti hanno lo stesso livello di educazione.
  • Non è che voglio creare dei problemi. Capisco che sono giovani. Ma vede è imbarazzante… si dicono delle cose…

La signora si guarda intorno e abbassa ancora di più la voce

  • Sa credo che facciano sesso hard tra tutti loro.
  • Non sono sicura di aver capito bene?

La signora si chiude meglio la vestaglietta che ha addosso e mi guarda. Io vorrei una via di fuga, perché il capo non c’è mai quando serve? Cosa si fa in questi casi?

  • Signora, mi spiace. Cercheremo di parlare con loro. Ora verifico chi sono i suoi vicini di stanza.
  • Vicini? Quali vicini?

Alza la voce spazientita.

  • Ma lei non ha capito. Sono loro… quelli del bagno.
  • Del bagno?

Guardo il computer per darmi un contegno e digito qualcosa, a caso.

  • Sì loro. Lo scaldabagno è il peggiore. Lui e il water se ne dicono di tutti i colori. E sentisse che parole verso la doccia… un po’ di eleganza, ci vorrebbe… c’è modo e modo di fare certe cose…
  • Lo scaldabagno e il bidet?
  • No, non il bidet. Lui è l’unico che si salva, tra tutti.

Il giorno dopo la spostiamo dalla 101 alla 202.

  • Spero che questi facciano sesso più educatamente.

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