I miei 10 libri più belli del 2017

Non ho un vero ordine di archiviazione dei libri. Qualche volta li inserisco per autore, talaltra per tema, più spesso inserisco i libri in base all’emozione del momento. Nella mia libreria sembra che non ci sia un ordine, eppure un ordine segreto ci deve pur essere se Madame Bovary finisce per caso, per puro caso, accanto a Le Memoire di Giacomo Casanova… Ieri sera mentre cercavo un posto a La zona cieca di Chiara Gamberale, ricevuto in regalo per Natale e finito in due giorni, mi sono resa conto che i libri letti nel 2017 sono tantissimi. Altri comprati e non ancora letti si trovano sempre sul mio comodino, che comincia a diventare inutilizzabile per altri scopi. Visto che siamo alla fine dell’anno e che la fine dell’anno è sempre tempo di bilanci, mi sono rimessa a sfogliarne alcuni. Mi piace attardarmi sulle pagine, aspirare il profumo tipico della carta un po’ invecchiata. Mi fa sorridere guardare le sottolineature a matita di frasi che mi hanno colpita, ferita o emozionata… a volte mi faccio prendere così tanto da rileggere interi capitoli, magari trovandoci cose che, alla prima lettura, mi erano sfuggite.

Così, tanto per giocare un po’ ho cominciato a stilare una classifica di quelli che mi sono piaciuti di più. E’ una classifica del tutto personale e soggettiva, non pretende di dare indicazioni ad altri e non è nemmeno detto che i libri in questione siano usciti nel 2017. Ecco i miei, e i vostri quali sono?

  1. Le intermittenze della morte di Jose Saramago – Il libro che mi è piaciuto di più quest’anno è un libro che parla di morte per parlare di vita. Un libro che mette a nudo le debolezze, i vizi e la cattive abitudini umane e ci ricorda che vivere è una cosa di ogni giorno e che la morte è ciò che rende la vita preziosa. Questo libro mi ha fatto ridere, mi ha fatto riflettere e mi ha cambiato. Cosa si può volere di più da un libro? leggi l’intera recensione qui.
  2. L’Arminuta di Donatella di Pietrantonio – vince il premio Campiello 2017. La storia è piuttosto semplice: una terra, l’Abruzzo, in cui le cose non sono facili, una bambina che non conosce le sue vere origini, due madri che si sono accordate per farla crescere ma che le hanno levato l’identità, due padri… due padri che non fanno una gran bella figura, una sorella con un grande, grandissimo coraggio e che, forse, è la vera protagonista. Mi è piaciuto soprattutto lo stile asciutto, che non si lascia intenerire e non parteggia per nessuno. Anzi a ognuno lascia il suo dolore, quello delle scelte che si fanno che prevedono, sempre e comunque, la rinuncia a ciò che non si è scelto… Qui puoi leggere l’intera recensione.
  3. La strada di Cormac McCarthy – Sembrerebbe semplice questo libro. Sembrerebbe molto semplice. Invece no. Non lo è affatto. McCarthy mi ha tenuto incollata a un romanzo in cui succede davvero poco. Dove non ci sono grandi colpi di scena, cattivi o zombie da combattere. O meglio ci sono, come in ogni storia che si rispetti, ma qui contano poco, sono trattati a livello di comparse, fanno poco effetto, sono persino trascurati. Sono il padre e, ancor più, il figlio coloro che ti inchiodano alla poltrona e ti fanno sfogliare una pagina dietro l’altra senza riuscire a smettere, senza respirare quasi. Un vero libro “on the road” in cui chi impartisce gli insegnamenti è, soprattutto, il più piccolo… Puoi leggere l’intera recensione qui.
  4. Dove porta la neve di Matteo Righetto – Il primo libro letto nel 2017 mi è rimasto nel cuore per questa frase: «La gente dice sempre: “Un abbraccio, ti abbraccio”, ma poi nessuno si abbraccia mai per davvero… Io vorrei vivere abbracciato!». E’ una storia commovente, tenera e leggera come un fiocco di neve. Una storia sulla bontà e sulla generosità, quelle vere non quelle dei post dei giorni di Natale che poi sono solo parole vuote. Una storia sulla vita che finisce e sulla diversità che può riguardare tutti, anche quelli che sembrano più che normali…
  5. L’esilio dei moscerini danzanti giapponesi di marino Magliani – Una storia di diversità, in cui la diversità è il sentirsi diversi dentro, è il non sentirsi mai nel posto giusto, è la continua ricerca di quel posto che non arriva mai. La narrazione salta tra presente e passato, tra ricordi e persone andate o mai state. Un viaggio che inizia da ragazzo e si concluderà, forse, solo con la morte. E’ un libro introspettivo, un libro pretesto, un libro che attraverso la narrazione invita ad analizzare chi sei. Da leggere e rileggere ancora.
  6. Il peso dei segreti di Aki Shimanazaki – Ho letto questo libro prima di partire per il Giappone, volevo capire e conoscere meglio la gente che avrei incontrato e una cultura così lontana dalla nostra. Al di là della storia che è molto coinvolgente, questo libro mi ha insegnato moltissimo sul Giappone e sui giapponesi, su quanto abbia pesato quella bomba atomica, su quanto razzismo c’è dentro ogni cultura e su quanto i rapporti siano influenzati da tradizioni e usi di un paese. Non è che la nostra cultura sia immune da tutto ciò, anzi in modo diverso alcuni modelli sono replicati e replicabili e visibili anche ai nostri giorni… è un libro che si legge con leggerezza ma che lascia molti quesiti “non leggeri” sul significato di amore, di fratellanza, di solidarietà.
  7. Al giardino ancora non l’ho detto di Pia Pera – Avevo letto tutti i suoi libri, non potevo non leggere l’ultimo. L’ultimo libro che narra l’ultimo periodo della sua vita, quando la malattia ha preso poessesso di tutto il suo corpo e ogni attività, anche quella che fino a pochi mesi prima sembrava la più semplice come passeggiare nel proprio giardino, diventa difficile, sempre più difficile sino a diventare impossibile. L’unico fedele amico di sempre, il cane, le rimane sempre a fianco stupendosi di questo nuovo incedere strano, di questa lentezza, del troppo tempo in poltrona. Mi ha commosso fino alle lacrime in molti passaggi…
  8. Guanciale d’erba di Natsume Soseki – Visto che dovevo prepararmi al mio viaggio in Giappone, fatto essenzialmente per costruire uno dei personaggi del mio nuovo romanzo, quest’anno ho letto molti autori giapponesi. Ma non voglio parlarvi di autori moderni come Murakami o Ishiguro (che ho letto ma ne parlano già tutti) ma di un classico. Natsume Soseki era il figlio di un samurai di basso rango e, come accadeva spesso, un artista, poeta e pittore. Scrivee questo libro nel 1906 e racconta di un giovane artista che intraprende il suo viaggio alla ricerca d’ispirazione. Pare di camminare al suo fianco, di sentire le voci delle persone che incontra, di percepire il profumo della ragazza di Nakoi, le sue emozioni, la sua voglia d’amore, la sua infelicità… che troverà tregua solo tra le pagine che raccontano la sua storia.
  9. Zona cieca di Chiara Gamberale – Ho ricevuto questo libro a Natale da un mio collega di corso alla Holden. Era un regalo alla cieca, di quelli che devi pescare da una cesta e quello che ti capita, ti capita. Ma io so che la fortuna non è cieca, anzi ci vede benissimo. Così questo libro è toccato proprio a me: qui abbiamo la storia di un’ossessione. Attenzione non è solo una storia d’amore, è di più. E’ la storia di due che si amano ma si odiano anche, perché non amano abbastanza se stessi e non amando se stessi non riescono ad amare l’altro. La protagonista, Lidia, è disposta a tutto pur di pilotare l’amore verso la direzione che vuole lei, se così vogliamo di dire, ma proprio di tutto eh… eppure pur tramando, organizzando, mentendo eccetera eccetera, le cose vanno nella direzione in cui pare a loro e alla fine sarà piuttosto il caso, ma forse dovremmo chiamarlo caos, a ridare un qualche ordine alla vicenda.
  10. A occhi bassi di Tahar Ben Jelloun – Comprato nel Ballon, il mercato delle pulci di Torino, per curiosità e letto a tappe. Sì, a tappe, perché c’era troppo dentro e tutto insieme mi sembrava di sprecarlo. Ah lo stile! Lo stile di questo autore è qualcosa di straordinario, già lo sapevo. Mette ogni cosa, anche la più semplice, in poesia. Una poesia che ti penetra la pelle e ti sembra di sentire il fruscio di quell’acqua, la paura della ragazzina inseguita dalla zia strega, la ribellione di un’adolescente che vuole vivere nella Francia moderna ed ha i piedi ancorati nel deserto magrebino. Eppure fa di tutto per emanciparsi, per pensare col suo cervello di donna, in mezzo a mille corpi di maschi islamici e non. Violento quanto le differenza che diventano motivo di razzismo. Bello quanto ogni amore, surreale e magico quanto ogni superstizione, cinico e vero quanto basta.

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