Gabriella, garofano e cannella
Nel 1958, Jorge Amado scrive Gabriella, garofano e cannella. Un racconto di cacao, di cucina, d’amore, di passione, di donne libere e di morte. Sì, c’è anche la morte ma c’è soprattutto l’amore, quello per il cambiamento. Sono soprattutto le donne a colpire in questo romanzo, tutte, anche quelle con particine minori come le prostitute che compaiono e poi scompaiono e non sappiamo neppure che fine fanno.
Il racconto si snoda tra le lotte politiche, i fazeinderos che si sono conquistati la terra con le armi, che l’hanno disboscata (ah, poveri alberi della foresta), l’hanno dissodata e ci hanno piantato le piante di cacao. I frutti dorati pendono dagli alberi, colorano la scena e portano un fiume di denaro. Ma potrebbero portarne di più se Ilheus, luogo della storia, avesse un porto adeguato all’ingresso delle grandi navi. Invece tutto il cacao deve transitare da Bahia, che impone i suoi dazi. Si creano due fazioni politiche, gli innovatori che vogliono il progresso capeggiati da Mundinho Falcao e i conservatori che preferiscono continuare a pagare Bahia ma goderne dell’appoggio capeggiati dal colonello Ramiro Bastos. Molto si potrebbe dire su questi due personaggi che anche nel carattere e nelle loro storie mantengono le caratteristiche di antico e moderno. Amado ci dipinge il colonello Bastos come vecchio saggio e rigido, circondato dalla famiglia e dagli amici fedeli (eppure ce lo fa amare e rispettare graziandolo alla fine con un colpo di scena da maestro). Mentre Mundinho è scapolo, vittima di una delusione d’amore ha abbandonato la madre e i fratelli che lo considerano solo un dongiovanni senza carattere e vuole dimostrare che può arrivare dove vuole da solo. Eppure è vittima dell’amore e non riesce a dimenticare la donna che ama, sposata a suo fratello. I due fanno una battaglia politica che corre lungo tutto questo bellissimo romanzo corale ricco di personaggi e storie secondarie. Ilheus è una cittadina che soffre ancora di antiche abitudini, tipo quella di uccidere una moglie infedele e il suo amante, ma non essere così brutale se a tradire è una concubina. Agli uomini, tutti, è concesso di avere amanti e concubine, offrire loro case, gioielli e denaro mentre le donne sono di due tipi: buone per diventare amanti o di buona famiglia da sposare. Così proprio il giorno che il fazeindero Jesuino Mendonca uccide la moglie e il suo amante, comincia la storia d’amore tra il siriano Nacib, proprietario del bar Vesuvio, e la bellissima mulatta Gabriella.
Questa storia d’amore – per una strana coincidenza, direbbe donna Arminda – iniziò nello stesso giorno limpido, con sole primaverile, in cui il fazendeiro Jesuíno Mendonça uccise a rivoltellate donna Sinhazinha Guedes Mendonça sua legittima sposa, dama della migliore società locale – bruna, piuttosto grassa, molto dedita alle attività parrocchiali – e il dottor Osmundo Pimentel, chirurgo-dentista, stabilitosi a Ilhéus da pochi mesi, giovane elegante, con atteggiamenti da poeta.
Gabriella è arrivata a piedi dal deserto, coperta di polvere e stracci, senza scarpe per cercare una vita migliore (già succedeva anche allora) nella città del cacao. Qui incontra Nacib e viene assunta come cuoca che si rivelerà bravissima. Gabriella è bella, non parla canta, non cammina danza. Ma, soprattutto, Gabriella è libera. Libera di far l’amore, di essere se stessa, di vivere come le pare. Tutti gli uomini la vorrebbero nel letto e Nacib, che ne è ormai innamorato, è terrorizzato dal perderla così la sposa ma sposandola la priva della libertà e cominciano i problemi.
Ma non è la trama che voglio raccontare, anzi vi invito a leggere questo libro e sentire i profumi dei fiori e del cacao, assaporare i piatti cucinati da Gabriella, innamorarvi di Amado e della sua scrittura…
I fiori sbocciavano sulle piazze di Ilhéus, cespugli di rose, crisantemi, dalie, margherite. Le portulache si schiudevano nell’erba puntuali come l’orologio dell’interdenza, spruzzando di rosso il verde dei prati. Dalle parti del Malhado, in mezzo alla vegetazione, i boschi umidi dell’Unhão e della Conquista, esplodevano fantastiche orchidee. Ma il profumo che s’innalzava sulla città, che l’avvolgeva, non veniva dai giardini, dai boschi, dalle aiuole, dalle orchidee selvatiche. Veniva dai magazzini d’imballaggio, del porto e delle ditte esportatrici, era il profumo dei frutti secchi di cacao, così forte che intontiva i forestieri, così familiare che nessuno più lo avvertiva. E si distendeva sulla città, sul fiume, sul mare.
E dopo che vi sarete innamorati, come è successo a me, forse vi verrà il pensiero che questa storia sia a favore di quelle donne che hanno il coraggio di essere diverse, Gabriella che è libera e non può farne a meno, Malvina che vuole sposarsi per amore, studiare e lavorare e ci sono anche gli uomini che proprio questo apprezzano di loro. Sono quelle donne capaci di opporsi alle leggi dei loro padri, ai pregiudizi, agli stereotipi, alla violenza e al controllo maschile… quelle donne “diverse” e molto moderne, antesignane, scritte a tinte forti da Amado che mi hanno fatto amare il romanzo.