Feliz Cumpleanos
Fai cinquant’anni e cambia tutto. Ieri sera, a cena, in un ristorante che si chiama “in galera” e che è davvero in galera, questa frase mi ha colpito molto. Ho continuato a chiedermi cosa fa scattare quella consapevolezza che un giorno siamo una cosa e quello dopo siamo un’altra. Che sia veramente il tempo, un compleanno, un giorno a cavallo di un secolo di vita? Il Tempo, una delle più grandi ossessioni dell’umanità. Di numeri ordinati o di riflessioni filosofiche, comunque lo prendiamo, dal tempo non riusciamo a salvarci.
Da un po’ di anni a questa parte tengo molto ai miei compleanni. Li sento miei e guai a chi me li tocca. Ogni giorno in più mi sembra un traguardo e mi sembra che mi doni più Tempo. Beh, se la guardo nella concezione matematica della vita, questa sembra una contraddizione ma io adoro le contraddizioni. Siamo fatti di opposti, bianco e nero, caldo e freddo, buio e luce. Lottiamo tutta la vita per fare una scelta, per essere qualcosa o qualcuno coerente e corretto, equilibrato e prevedibile e poi ci perdiamo il bello di amare gli sbalzi d’aria nel volo. Ehm, non sto dicendo che sia facile, anzi il contrario… le contraddizioni mandano “ai matti”, eppure ho letto in un libro che “la vita ha sapore solo per i pazzi”.
Ho appena consegnato all’editore un romanzo in cui il tempo che passa, il passato e la memoria sono i temi centrali e nell’attesa che l’editor mi critichi aggettivi e punti a capo festeggio il mio quarantanovesimo compleanno a Siviglia. La scelta non è un caso, lo capisco solo dopo quella cena di cui vi ho parlato sopra. Leggo su wikipedia: l’Andalusia è, da sempre, considerato “un ponte tra due continenti”, l’Europa e l’Africa, e lo stretto di Gibilterra era una delle due colonne d’Ercole che segnava il confine del mondo conosciuto e l’ingresso nelle acque tumultuose dell’ignoto.
Partiamo in tre, io, Monica e Benedetta, compagne di viaggi e di amicizia, di gioia di vivere, di forza femminile e di resilienza ma anche di lacrime che, quando servono, non fanno male. Dal mio compleanno sono passati venti giorni ma, come sempre, io ho bisogno di lasciar sedimentare le emozioni prima di poterle raccontare. Il viaggio inizia alle quattro del mattino, a bordo della mia macchina raggiungiamo l’aeroporto di Bologna. Io chiacchiero allegramente, cercando di far ridere le mie amiche. Loro vogliono zittirmi con la teoria che a quell’ora nessuna battuta può essere efficace. Io e Monica indossiamo jeans e scarpe da ginnastica e Benedetta tacchi e cappottino rosso (nota per il mio editor: non è una frase inutile, è fondamentale per la comprensione dei personaggi… hihihi). A parte la partenza, presto e di corsa, il resto del viaggio sarà una vera ode al tempo che occorre, né troppo né troppo poco, non c’importerà niente della lunghezza né della brevità del momento, ci “lasceremo perdere” tra le calles dai palazzi piastrellati e corti interne fiorite. Unico riferimento geografico saranno gli artisti di strada che ci attraggono e ci incantano. Ci lasciamo inebriare dal profumo dei fiori delle arance amare. Gli alberi sono ovunque, in ogni piazzetta, in ogni strada e dentro i giardini, carichi di fiori da far pensare a raccolti straordinari. Il vero stupore arriva quando scopriamo che i frutti sono usati solo per fare profumi o marmellate da esportazione, ai sivigliani le arance amare non piacciono eppure hanno piantato quegli alberi dappertutto…
Talvolta ci coglie il silenzio carico di riflessioni, altre volte condividiamo le emozioni in una connessione organica possibile solo quando l’amicizia che unisce non ha bisogno di dare né di dire.
Settecento anni di dominazione islamica interrotta da Isabella nel 1492 hanno lasciato edifici di incredibile bellezza, moschee riconvertite a chiese, minareti diventati campanili e fortezze trasformati in case reali e giardini. Dopo mezza giornata e una proposta di fidanzamento (i sivigliani hanno modi audaci quanto diretti) decido che Siviglia mi fa sentire più “a casa” di qualunque altro luogo abbia mai visitato. D’altronde è la patria dei gitani e dei toreri, terra di case bianche e cortili dai fiori variopinti, di sole e di flamenco, di passione e di emozioni…
Tutto ha inizio bevendo cerveza ghiacciata a un tavolo, con il sole che accarezza la pelle e le tapas troppo abbondanti per finire ogni piatto. Ogni passo ha un gusto diverso e si compone di ingredienti umili come i sorrisi della gente, le vetrine colorate, le musiche provenienti dai portoni aperti, i colori delle gonne, le facce dei bambini vestiti per la comunione… e ancora i dipendenti del nostro albergo sorpresi a suonare e cantare nella lobby a cui ci uniamo pur senza sapere una parola di quella canzone…
«Non perdetevi la feria», ci dicono tutti. Non abbiamo intenzione di farlo visto che siamo venute apposta per la festa del flamenco, la festa dei gitani. Roberto, il nostro receptionist, ci trova un negozio che affitta il trajes de flamenca. Tra volants, fiori sui capelli, colori e pois che qui sono chiamati in modo molto più poetico lunar, facciamo il nostro ingresso nell’anima di Siviglia. Trovato quello che aderisce alla pelle perfettamente ci addentriamo a piedi nei dedali di stradine, veri e propri labirinti di allegria e voglia di vivere. Crediamo di andare verso una destinazione e invece scopriamo un destino ogni volta che in una piazzetta sentiamo cantare e ballare il flamenco dalla gente scesa apposta dalle case e venuta fuori perché la festa è festa tra la gente.
La pubblicità sul tram cita: Si tienes un color especial, libera lo que siente…
Ci attardiamo oltre l’ora di chiusura dentro il Real Alcazar, costruito dai Mori e diventato patrimonio UNESCO è un complesso monumentale che comprende 17.000 metri quadri di edifici e sette ettari di giardini. Insomma, da lì dentro non vorresti più uscire. Ci andiamo all’ora del tramonto quando la luce diventa più calda e proietta ombre sulle pareti e sugli alberi. Le ragazze in abiti tradizionali si lasciano fotografare dai turisti e qualcuno legge un libro di poesie seduto sotto una pergola di roselline bianche. Fiori, laghetti e canali ovunque ma sono i profumi che ti danno alla testa molto più di qualche Mojito e non se ne vanno più.
Tapas, chitarre che suonano, bellissime ragazze con gli abiti a pois e i fiori tra i capelli, cavalli grigi che tirano carrozze lucide… i sogni sono più ricchi questa notte. E poi la feria, olé. Il flamenco è il ballo gitano, il ballo della libertà e della passione. Non è che la vita dei popoli “sempre in viaggio” sia facile ma qui trova una specie di benefica pausa, di accettazione e integrazione con tutti gli altri che per una settimana diventano, anche loro, nomadi nel cuore. I sivigliani si prodigano in suggerimenti e consigli, così veniamo educate che alla feria si beve solo il Rebujito. Ci servono una caraffa di quel cocktail di vino, gazzosa e ghiaccio, dolce e buonissimo e comprendiamo perché hombres y damas dopo qualche litro sono così allegri. La feria si svolge tra le casetas tra feste private e semi-private dove si beve, si canta e di balla. Nelle strade passano cavalli coi loro cavalieri in abiti tradizionali che non disdegnano un complimento alle ragazze belle e seducenti negli abiti svolazzanti. Il sole scende al di là delle casetas e, aiutato dall’alcool, rende tutto più morbido, i colori sfumati, gli odori evanescenti e le movenze languide e senza ritorno…
“Somos el resultad de los libros que leemos, los viajes que hacemos, las personas que amamos”
La scritta troneggia sopra il bar della libreria-caffetteria che si chiama Caotica. Il caos filosofico è il complesso degli elementi che precede l’universo ordinato, è l’essere ancora spalancato del mondo prima del suo costituirsi in forme definite e stabili. Caos è origine. Un caffè servito da una cameriera italiana (a Siviglia è pieno di italiani), su un tavolino retto da gambe fatte di libri, agli altri tavoli qualcuno legge, altri usano la wifi messa a disposizione, altri come noi, si godono la lentezza del tempo. Tre piani di libri, sopra il bar, storie, romanzi, racconti, autori famosi e sconosciuti, poeti. Mi cattura un libro di Joaquìn Caldéron, Soy como puedo. Googlo il suo nome e sento la sua voce che dice di sé: sono musicista nell’anima, sono musicista nella forma… sono felice… mi sento bene… mi piace pensare, mi diverte… passo molto tempo solo, trovo il tempo per parlare con i miei cani e con me stesso… sono come posso…
Compro il libro, lo porterò in dono ad una persona speciale.
Il cielo di Siviglia lo guardiamo dall’immenso Metropol Parasol, strette in abbracci da selfie pieni di affetto e gratitudine per avere il dono della nostra amicizia. Poche cose contano davvero al mondo quanto gli amici. Il Metropol è una delle opere in legno più estese al mondo firmata dall’architetto Jurgen Mayer che dona ombra al mercato e ai resti di epoca romana, oltre che offrire una vista della città equiparabile solo a quella che si vede dalla Giralda, il campanile della cattedrale. La Cattedrale di cui ci innamoreremo è costruita in stile gotico e si estende su 11000 metri quadrati. E se state pensando che è la sua grandezza a renderla straordinaria vi state sbagliando, perché non sarà l’oro dell’altare, né gli organi del coro, né la tomba di Cristoforo Colombo, né le due cappelle, né il quadro di Goya o la sacrestia incredibile, ma sarà qualcosa che parla dentro e che si può sentire solo tacendo tutto il resto e fermandosi ad ascoltare a renderla unica al mondo…
E poi ancora viuzze e palazzi e opere d’arte e flamenco in piazza con gonne che salgono e tacchi che sbattono e artisti di strada che vorresti fossero tuoi amici e una band che suona all’improvviso “Happy birthday”, perché le tue amiche glielo hanno chiesto e ti fanno commuovere… e poi candele accese per te che imprimono nel cuore “Feliz Cumpleanos”. E Alice che chiede “Per quanto tempo è per sempre”, a volte solo il tempo di soffiare le candeline e dire “Grazie Monica e Benedetta per avermi regalato un bellissimo compleanno che durerà per sempre”.
Il giorno dopo è il mio primo giorno dei miei cinquanta. Quand’è che scatta quella consapevolezza che ieri eravamo una cosa e oggi siamo un’altra?
A me piace pensare che per cinquant’anni ho impresso sul grilletto della consapevolezza una forza, fatta di esperienze, felicità e dolori, quando scatta il grilletto non lo sai, perché non sai neanche di premerlo, ma quando succede ti invade una ragione per cui accetti felicemente il tuo essere in tutte le cose che fai, capisci che oggi “sei” grazie a quello sei stato, non sarai mai quello che avresti voluto essere e ti accetti felicemente perché esisti, senza rassegnazione, più forte di prima; il grilletto scatta ai 50.
“Il tempo è più importante”, lessi un giorno su un campanile a Corsaglia, in Piemonte, la chiave è proprio lì, capire i secondi che passano, quindi BUON COMPLEANNO!!! ….se potessi ti regalerei del tempo, come mi disse una volta un amico, vivi felice ogni giorno.
Caro Marco, un giorno di dieci anni fa mi sono svegliata e mi sono accorta che qualunque cosa avessi fatto, quel giorno non sarebbe più tornato e ho scelto di vivere felice accettando che “sono come posso”. I giapponesi dicono Ichi-go Ichi-e, ogni istante è unico, ogni incanto è unico, indipendentemente dal Tempo che hai a tua disposizione… forse un giorno ne parleremo. Grazie.