L’Arminuta di Donatella di Pietrantonio vince il Campiello 2017
Dopo aver letto un libro, di solito, butto giù qualche osservazione veloce sul mio quaderno. Qualche volta è solo un pensiero. Altre volte è un fiume inarrestabile. Capita che quelle pagine non le legga più. Così come capita che ciò che ho letto continua a frullarmi in testa senza volersene andare. In quei casi ci ritorno in cerca quel qualcosa. Che cosa? Non c’è un’unica risposta. Qualche volta la storia ha toccato mie corde profonde e devo elaborare il messaggio. Altre volte si tratta dello stile, di una dissonanza, di una stonatura… Insomma di qualcosa che mi rimane appiccicato e non mi lascia.
È stato così anche per l’Arminuta, il libro di Donatella di Pietrantonio vincitore del Premio Campiello. Devo essere sincera, ho comprato il libro per curiosità, dopo la vittoria. Il suo stile è affascinante, così secco e asciutto scalfisce più di un bisturi. Condividiamo il nome e ho una grande stima di questa scrittrice. Forse anche lei scrive soprattutto per sé stessa, per la necessità di mettere su carta le parole che danzano in testa e che non ti lasciano sino a quando non hai dato loro una forma, un ordine.
E l’Arminuta proprio un ordine vorrebbe. Quell’ordine che ha perso il giorno che ha scoperto che la sua famiglia non è la sua famiglia, che sua madre non l’ha messa al mondo, che suo padre… suo padre, boh!
La storia è piuttosto semplice, in fondo. Ci sono terre, tra cui anche la mia Sardegna, in cui vivere non è mai stato molto facile. In cui le differenze tra le classi sociali sono sempre state forti ed evidenti e, a volte, i figli arrivano in misura maggiore proprio laddove non c’è niente da mangiare. E si potrebbe fare un sacco di retorica al proposito, però con la pancia vuota è molto difficile pensare. Capita, ancora oggi, che i figli non arrivino, anche dove ci sarebbe “ciccia” per farli crescere bene. E succede anche che quei figli siano tanto desiderati, ma così tanto da essere disposti a molto, se non a tutto.
Così due madri, una biologica e una “no”, si mettono d’accordo per far crescere una bambina. La madre “no”, è buona, affettuosa, presente, insomma praticamente perfetta come Mary Poppins e, come lei, un giorno sparisce. La ragazzina in questione viene rispedita dalla famiglia d’origine, con la quale condivide solo il cognome. Non conosce nessuno in quella famiglia, né i genitori che l’hanno generata, né tutti i fratelli. È un mondo diverso e incomprensibile che fa aprire una voragine di perché. Dal chi sono al perché sono qui, domande che non trovano risposte, perché nessuno vuole assumersi la responsabilità di dire la verità.
C’è solo una che coraggio ne ha da vendere in questa storia, Adriana. Adriana che difende la sorella, che condivide la pipì nel letto, che fa lo sciopero della fame per raggiungerla, che vuole essere come lei, che dice le cose come stanno anche quando fanno male… Adriana che ha il coraggio di dire infine «qualcuno doveva pur farlo». Una frase che racchiude in sé il senso delle cose…