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Bet she can intervista Donatella Moica

L’amore per viaggiare l’ha conquistata presto. Donatella Moica, oggi imprenditrice, proprietaria del tour operator, Macana Maldives, dal 2014 presidente del Terziario Donna di Pistoia e Prato e dal 2021 anche presidente del Terziario Donna Confcommercio della regione Toscana, nonché dal 2021 vicepresidente di Confcommercio Pistoia e Prato, già quindicenne girava il mondo. La maturità in Australia, gli studi ad ingegneria, i primi lavori d’estate, la prima responsabilità a soli 21 anni a capo del ricevimento in un villaggio turistico. A 24 anni scopre le Maldive grazie sempre ad un incarico nel turismo. Diventa istruttrice subacquea, si sposa, diventa mamma di una bimba e studia Marketing e comunicazione. Dirige la sua impresa e fa la scrittrice. Fra le sue opere “Maldive. Appunti per il naturalista subacqueo” e “Seconda navigazione”.

Vuoi leggere l’intervista originale? vai sul sito di Bet she can

Com’eri da bambina?

Sono cresciuta in un paesino della Sardegna. Ero una bambina timida e introversa, molto più rivolta alla riflessione che alle attività fisiche. Passavo la maggior parte del mio tempo libero in biblioteca ed è attraverso i libri che iniziato a capire che esistevano mondi lontani, molto lontani dal mio, che vi erano paesaggi incantati e straordinari, una natura incontaminata da proteggere e salvaguardare e popoli e culture da cui apprendere. A cinque anni già sapevo leggere e scrivere. Già allora scrivevo di tutto e su tutto, piccoli racconti, poesie, resoconti delle mie giornate. Con i libri viaggiavo dappertutto, ma poi ho cominciato anche a farlo fisicamente. A quindici anni la mia prima esperienza di studio in Francia e poi a diciassette una borsa di studio per un anno in Australia dove mi sono diplomata. Era l’inizio di quella passione per i viaggi che poi sarebbe diventata il mio lavoro, ma ancora non lo sapevo, anzi mi immaginavo tutt’altro. La mia famiglia si è sfaldata presto, in un periodo in cui questo non avveniva normalmente, soprattutto in un paesino della Sardegna. Non è stato facile crescere dove ancora c’erano pregiudizi e stereotipi sulle famiglie separate ma ciò mi ha reso più forte e determinata a combattere un certo tipo di mentalità patriarcale e contro ogni forma di discriminazione e ingiustizia.

Essere una femmina ha influito sulle tue scelte scolastiche?

Non direi! Sono sempre stata molto determinata nel voler realizzare i miei desideri e ho avuto la fortuna di avere insegnanti che mi hanno sempre incoraggiata a manifestare le mie idee con convinzione. Ho frequentato il liceo scientifico e lo ricordo come uno dei periodi più ricchi e formativi, in quell’età in cui è fondamentale la guida dei “maestri”. Le materie scientifiche mi affascinavano perché spiegavano le cause intime delle cose ma quelle umanistiche solleticavano il mio pensiero e le mie riflessioni su me stessa e sulle persone intorno a me. Ero rappresentante di classe e facevo grandi battaglie già allora. All’università ho scelto ingegneria come continuazione naturale del liceo. C’erano già molte ragazze, non ero una rarità. Per mantenermi agli studi lavoravo nei villaggi turistici come addetta ricevimento/amministrazione e continuavo a viaggiare e a imparare le lingue straniere. A un certo punto queste mie due nature si sono fuse e la mia parte nomade ha avuto la meglio sulla formazione e sulle scelte universitarie. La scrittura, invece, era una compagna di vita, un’amica che non mi abbandonava mai e che mi ha pure salvato la vita più di una volta. Non ho mai pensato che potesse rappresentare un lavoro perché toccava corde troppo intime.

Hai avuto difficoltà nel corso della tua carriera in quanto donna?

Ho iniziato a lavorare alle Maldive a ventiquattro anni in un ruolo da leader. Diciamo che lavorare in un Paese musulmano e stato molto sfidante ma anche arricchente. Ho imparato molto e capito quante battaglie sono state necessarie alle donne per arrivare dove siamo ma anche l’importanza della conoscenza e del rispetto di culture e mondi diversi. Credo che il rispetto possa passare solo attraverso la conoscenza, per questo sono una che studia continuamente e che ascolta molto. Adoro ascoltare storie di vita e di lavoro. Le storie sono state e sono la mia patria. Nonostante le difficoltà, qualche volta enormi, non ho desistito e anzi la mia attività è cresciuta e oggi siamo un tour operator leader in Italia e nel mondo: proponiamo crociere naturalistiche attive alle Maldive e con i nostri biologi di bordo diffondiamo la conoscenza del mare e l’importanza della conservazione dell’ambiente. Da oltre dieci anni ho messo le mie esperienze a disposizione delle imprenditrici iscritte alla Confcommercio nel gruppo Terziario Donna. Lavoriamo per sostenere l’impresa al femminile, per incentivare lo scambio e la creazione di idee d’impresa nuove, più rispettose dell’ambiente e più sostenibili. Accompagniamo chi lo desidera con formazioni per colmare lacune, se ci sono, ma anche per dare strumenti innovativi per la conciliazione vita-lavoro e per un benessere personale più ampio e più consapevole.

Cosa consiglieresti alle studentesse che vogliano intraprendere una carriera STEM?

Consiglierei alle ragazze di sognare in grande e di credere nei loro sogni, di lavorare duramente per ottenere ciò che desiderano senza lasciarsi “rallentare” da pregiudizi e discriminazione. Una formazione STEM può essere utile per qualunque carriera si decida di intraprendere. Per me è stata determinante nel comprendere i meccanismi scientifici che regolano la natura e che sono fondamentali nel mio lavoro e l’approccio tecnico-scientifico a ogni problema mi ha spesso evitato errori di valutazione. Direi, però, che la cosa più importante per le ragazze è imparare ad ascoltarsi per scoprire i propri talenti e le proprie inclinazioni. Spesso, purtroppo, è il contesto che condiziona fortemente le ragazze nelle loro scelte e questo è un vero “reato” perché rischia di tarpare le ali a donne di grandi possibilità.

Quali sono gli stereotipi uomo/donna che secondo te ancora persistono ai nostri giorni?

Purtroppo, sono ancora tanti. Nascono in seno alle famiglie, si radicano nelle parole discriminatorie che usiamo ogni giorno, si ancorano nella scuola e nella comunità. Sembrano parole di vita normale e nessuno ci fa caso: “Abbiamo sempre detto così, è la nostra lingua”. Purtroppo, le vittime, le donne, non ne sono consapevoli, quasi mai si rendono conto che i loro comportamenti sono correlati a una narrazione di loro che ha fatto qualcun altro e poiché sono sempre state raccontate in un certo modo non riescono a vedersi diverse. Credo che la prima rivoluzione che una donna deve fare sia distruggere la narrazione di sé in cui ha creduto sin dall’infanzia e imparare a raccontarsi diversamente, libera e uguale.

Cosa pensi di Bet She Can?

Penso che sia un progetto indispensabile. In un momento in cui l’umanità sembra andare alla deriva senza riuscire ad opporsi alle correnti di guerra e di ingiustizia sociale ed economica, sono convinta che le nuove generazioni e le bambine in special modo possano fare la differenza. Abbiamo bisogno di queste bambine negli strati più alti della società e della politica perché qualcosa possa veramente cambiare, perché ci sia una nuova visione della vita e del mondo. Credo fermamente che sia fondamentale lasciare tracce dietro di noi che possano propagarsi nel tempo e generare pensieri e azioni positive, contro le discriminazioni, le ingiustizie e la violenza. Credo anche che un’idea più giusta di economia si generi in quell’età fertile che è l’infanzia e la prima adolescenza. Quindi grazie per il vostro lavoro.

Le domande delle bambine

Che cosa ti piace del tuo lavoro? (Francesca 9 anni)

Mi piace moltissimo viaggiare e incontrare tante persone diverse; mi piacciono gli spazi aperti sconfinati dove abitano tanti animali; mi piace quando il sole tramonta oltre l’orizzonte senza essere oscurato dai grattacieli; mi piace aver avuto la fortuna di andare sott’acqua in quasi tutti i mari del pianeta e aver incontrato creature fantastiche la cui biologia è come un libro di magie.

Hai paura di qualcosa? (Elisa, 8 anni)

Ho molte paure. La paura è un’emozione indispensabile per la vita, insegna a soffermarsi e analizzare bene le situazioni e ad apprezzare i successi quando li raggiungiamo. Da bambina avevo paura della diversità, le persone diverse mi spaventavano, poi mi sono trovata in una situazione in cui la diversa ero io perché non abitavo più con mamma e papà e allora ho capito che quella paura mi aveva messo in guardia su una situazione che può far male ed ho imparato ad accogliere la diversità. Avevo anche paura del mare, mi stava proprio antipatico, poi ho cominciato ad andare sott’acqua e il mare ha riempito la mia vita, mi ha nutrito l’anima e mi ha permesso di mantenermi con il mio lavoro. Da adolescente avevo paura della solitudine e di non essere carina come le altre, poi ho vissuto per molto tempo da sola e ho capito che nel silenzio si possono apprezzare tante cose e i suoni hanno una risonanza molto più ampia. Da sola ho anche capito che la bellezza è qualcosa di molto più complesso che sta dentro di noi e non fuori, negli occhi degli altri. Da adulta ho paura della guerra, di chi vuole la vita facile a discapito degli altri e di chi non si preoccupa di chi verrà dopo. Ancora sto cercando un modo per vincere queste paure.

Sei fiera del tuo lavoro? (Jasmin, 10 anni)

Sono molto fiera del mio lavoro e di ciò che faccio. Sono fiera di aver potuto esplorare uno dei mari più ricchi del pianeta e di aver avuto la possibilità di vivere e far crescere mia figlia su una barca in mezzo all’Oceano per molti anni. Sono orgogliosa di trasmettere l’amore per il mare e il bisogno di salvaguardarlo per il bene nostro e di tutta la vita sul pianeta.

Sei famosa? (Irma, 10 anni)

Non credo di essere famosa! Conosco tante persone e tante persone conoscono me e hanno letto i miei libri ma la fama è qualcosa che rimane in superficie e non permette un vero incontro tra le persone.

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