Scrivere di sé per lasciare un segno: il mare secondo Diana Nyad (e secondo me)

Posso anche essere spinta da sogni quasi impossibili, ma l’etica che mi spinge più in alto e mi commuove ancora più del raggiungimento delle stelle è impegnarsi per arrivarci.
– Diana Nyad

In pochi giorni ho finito di leggere il libro di Diana Nyad per ROI Edizioni e sono rimasta profondamente colpita. Non solo per l’impresa straordinaria della sua traversata a nuoto da Cuba alla Florida, e per la capacità di trasformare quel viaggio in una splendida narrazione che parla a ciascuno di noi. Ma anche perché, in ogni pagina, mi sembrava che parlasse proprio a me.

Avevo già visto il film su Netflix, che mi è piaciuto. Ma, come spesso accade, il libro è tutt’altra cosa. Nel film prevalgono adrenalina e velocità del racconto; nel libro, invece, l’autrice si sofferma sul suo rapporto con il mare, con il nuoto, con le persone positive e negative della sua vita. Da ciascuna cerca di trarre un insegnamento, qualcosa da trattenere con sé nel suo bagaglio di esperienza.

Nyad racconta il mare come una sfida costante, un compagno e un maestro. È l’oceano che decide se concederti il passaggio o respingerti. Per affrontarlo non basta la forza fisica: servono conoscenza scientifica, lucidità e una connessione interiore. Ma soprattutto serve un gruppo di persone che creda nell’impresa quanto te, che tragga gratificazione dal fare insieme. Nessuno può avere da solo la conoscenza completa dell’intero processo: è solo la collaborazione, l’intreccio di capacità e competenze, che porta al successo.

In quelle pagine ho ritrovato il mio stesso oceano. I miei quindici anni a bordo di una barca nell’Oceano Indiano hanno scandito la mia vita con il ritmo delle onde, delle maree, degli incontri con gli animali marini. Un ritmo che mi ha trasformata, che mi ha insegnato responsabilità e gratitudine. So che, senza quel viaggio, oggi sarei una persona molto diversa.

E come lei, ho compreso che conta più il viaggio della destinazione. Le persone che ti accompagnano – anche solo per un tratto, anche se non ci sono più – restano parte di ciò che diventi. Per entrambe il mare è stato un luogo doppio: razionale e scientifico, ma anche spirituale e misterioso. Io studiavo correnti e conformazioni per garantire sicurezza ai subacquei e portare avanti la mia impresa; lei per raggiungere l’altra riva. Ma in realtà il mare ci parlava di altro: di coraggio, di sogni, di vita piena.

Resto demoralizzata per ventiquattro ore dopo l’ultima debole bracciata. Ma allo scadere delle trenta ore, ritrovo la forza dentro di me.
– Diana Nyad

Il messaggio che ho tratto dal suo libro, e che sento profondamente mio, è che non esiste un’età giusta per inseguire ciò che davvero conta. Possiamo cominciare un nuovo progetto a quarant’anni, a sessanta o a settanta, se quel progetto nasce da un desiderio autentico e nutre le parti più profonde di noi.

E, soprattutto, mi ha spinto a riprendere in mano il racconto della mia storia degli anni vissuti in barca e a finirlo senza più esitare o cercare scuse. Il risultato si ottiene senza lamentarsi della stanchezza, ma con costanza e duro lavoro. Così, prendendo esempio da lei, ogni notte, da quando ho iniziato il libro, ho scritto. E ora spero che questo racconto diventi presto un libro.

Grazie Diana.

Anche io mi sono fatta accompagnare dalla musica, diversa dalla sua ma altrettanto potente. Se vuoi entrare nel ritmo del mio oceano, ascolta la playlist che mi ha accompagnata.

So che
non
mi credete
ma
canta,
canta il sale…
in esso assaporiamo l’infinito

La mia playlist per raccontare l’oceano

Echoes – Pink Floyd
Experience – Ludovico Einaudi
Shine on your crazy diamond – Pink Floyd
Oceans in the sky – Steve Kuhn
Oceans – Coldplay
Tempest – Deftones
Tempelhof – Yann Tiersen
Mare Nostrum – Paolo Fresu, Richard Galliano
A way of life – Hans Zimmer
Out to sea – Olafur Arnalds
Happiness does not wait – Olafur Arnalds
Gratitude – Roberto Cacciapaglia

2 commenti su “Scrivere di sé per lasciare un segno: il mare secondo Diana Nyad (e secondo me)”

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